«La pace ci riguarda tutti»

Il fondatore di Sant'Egidio ha tenuto a battesimo il corso di formazione sociale «Fratelli tutti»
Intervista ad Andrea Riccardi su prossimità ai giovani, politica, ruolo dei cattolici e dell'informazione. «Ho scelto il tema della responsabilità perché in un mondo di io ci si sente irrilevanti e ci si concentra su di sé L'irrilevanza è una brutta malattia che porta all'impotenza e all'indifferenza»

Ieri, al Centro pastorale diocesano, Andrea Riccardi, storico, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, ha tenuto a battesimo il corso di formazione sociale "Fratelli tutti", promosso dalla diocesi, Università degli studi e dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose dell'Emilia. Ne abbiamo approfittato per rivolgergli alcune domande, rimandando al prossimo numero del settimanale per il servizio completo.
Come mai ha inaugurato il corso scegliendo come tema quello della pace?
Ho scelto il tema della pace e della responsabilità sociale perché sono convinto che il problema di questo mondo di io è il problema di un mondo che si sente irrilevante e si concentra su di sé. L'irrilevanza è una brutta malattia che porta all'impotenza e all'indifferenza: di fronte ai grandi scenari del mondo, sembra di non poter fare niente. Cosa può fare un singolo per la pace? Invece, la pace ci riguarda tutti. Come la guerra colpisce tutti: non esistono le guerre degli altri e le conseguenze della guerra ricadono su tutti, come vediamo dalla crisi alimentare. L'arcivescovo ortodosso albanese Anastasio afferma che il contrario della pace non è la guerra, ma l'egoismo.
Come invitare i giovani ad accogliere la proposta di questo corso di formazione sociale?
I giovani crescono in una società che non è a misura loro, dominata da adulti che non vogliono invecchiare e che trasmettono messaggi angoscianti e allarmanti: non avrai futuro, non troverai lavoro, mentre il messaggio utile è: io ti sarò vicino, ti sarò compagno. I giovani hanno desiderio di impegno, ma devono trovare una strada di impegno per loro; devono costruire una loro strada, una loro motivazione e modalità. La vicinanza di un giovane ad una persona povera è un messaggio bellissimo, pieno di vita, per la persona povera che si chiede: come mai si interessa a me? La prossimità alle persone povere è decisiva nel cammino della responsabilità sociale dei giovani ed anche nel cammino di fede: la vicinanza alle persone povere fa crescere le domande di fede.
Nelle recenti elezioni abbiamo dovuto fare i conti e faremo i conti anche domani (oggi per chi legge) con il partito degli astensionisti. Come valuta questo fenomeno?
L'astensionismo è il partito più pericoloso e rischia di essere il partito della maggioranza relativa. Lo capisco. La gente non ci crede più alla politica, allo Stato; sente le istituzioni lontane. E' diventata anche così egocentrica nell'uso del suo tempo, che le sembra ci sia sempre qualcosa di più importante che andare a votare. I politici hanno una grande responsabilità perché molti sono delusi. Io penso che la strada per affermare la delusione sia andare a votare non quella di stare a casa. La generazione delle guerre e, in particolare le donne (cita il ricordo della nonna ndr) vivevano il voto come una gioia e un dovere.
Quale è il contributo urgente che i cristiani cattolici possono dare alla società e alla nostra città?
Un grande contributo, perché maturato in una scuola di sensibilità agli altri, in un riferimento continuo al noi, nell'attenzione e vicinanza ai poveri, agli ultimi. Possono dare un contributo decisivo alla crescita nel mondo globale delle città, che possono avere un grande ruolo e si trovano davanti ad una scelta: o chiudersi per paura che venga distrutto il proprio benessere o mettersi in rete col mondo. La responsabilità politica non è un obiettivo della vita cristiana, ma è naturale per un cristiano perché connesso intimamente alla responsabilità sociale e sociale e politica si intrecciano.
E il ruolo dell'informazione?
E' decisivo, necessario, per contrastare l'indifferenza. Anche la preghiera ha bisogno dell'informazione. L'informazione nutre la coscienza, la responsabilità sociale, anche la preghiera. Chi non si informa, chi non segue le notizie, diventa irresponsabile. La fondatrice delle Piccole Sorelle aveva nella camera il mappamondo; il teologo protestante Karl Barth teneva in una mano la Bibbia e nell'altra il giornale: la Bibbia illumina il giornale, ma c'è bisogno anche del giornale. Non informarsi è un fenomeno dell'egocentrismo; in un rapporto di amicizia, l'informarsi manifesta interesse.

 

 


[ Maria Cecilia Scaffardi ]