"Il mio sogno è una Chiesa capace di stare per strada nella Babele del mondo"

Dalle periferie di Roma alla guida dei vescovi, la via tracciata dal cardinale
Cresciuto nella comunità di Sant'Egidio si occupa di clochard immigrati, emarginati

Dalle periferie di Roma è arrivato a via Aurelia, da dove guiderà i vescovi italiani nei prossimi cinque anni. Con un grande sogno: una Chiesa che «sta per strada, parla a tutti e vuole raggiungere il cuore di tutti», usando «un'unica lingua, quella dell'amore», per farsi capire «nella Babele del mondo».
Sono le prime parole dal sapore programmatico del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, nominato ieri da papa Francesco presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei). Nella sua città d'adozione nessuno lo chiama «eminenza», per tutti è sempre «don Matteo». Zuppi gira in bicicletta e ha scelto di vivere nella «Casa del clero», dove abitano i preti anziani, anziché nell'appartamento in arcivescovado.
Nato a Roma l'11 ottobre 1955, quinto di sei figli, nei corridoi del Liceo Virgilio nasce e si salda il legame con Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, negli anni in cui frequentava la scuola di via Giulia un altro amico, David Sassoli, futuro presidente del Parlamento europeo. Zuppi inizia a frequentare le baraccopoli romane, le scuole popolari per i bambini emarginati, le feste per gli anziani soli e non autosufficienti. E poi i clochard, i rom, gli immigrati, i carcerati.
A 22 anni, dopo la laurea in Lettere all'Università La Sapienza, entra nel seminario della diocesi di Palestrina, seguendo i corsi di preparazione al sacerdozio alla Pontificia Università Lateranense, dove consegue il baccellierato in Teologia. Ordinato prete nel 1981, diventa vice del parroco della basilica romana di Santa Maria in Trastevere, Vincenzo Paglia, futuro monsignore presidente della Pontificia Accademia per la Vita e consigliere spirituale di Sant'Egidio. Gli succederà nel 2000 per dieci anni. «Lo conosco fin da giovane», dice Paglia, «don Matteo è un cardinale-pastore che non ha perso lo spirito del prete di strada, ed è capace di dialogare con tutti, dentro e fuori il recinto cattolico».
Zuppi, promotore del dialogo interreligioso, è protagonista delle mediazioni nel mondo con l'«Onu di Trastevere» (come viene chiamata Sant'Egidio, di cui diverrà assistente ecclesiastico) per riportare la pace dove sembrava impossibile, in particolare in Mozambico. Nel 2010 viene chiamato a guidare una parrocchia di periferia, a Torre Angela. Poco dopo, il 31 gennaio 2012 Benedetto XVI lo sceglie come vescovo ausiliare di Roma. Il 27 ottobre 2015 Bergoglio gli affida la sede di Bologna e il 5 ottobre 2019 lo crea cardinale.
A Bologna Zuppi si è ritrovato «titolare» della Faac, multinazionale dei cancelli automatici. Ma si è rivelato più sindacalista che imprenditore: no ai licenziamenti, sì a iniziative che agevolino il rapporto dei dipendenti genitori con i figli, sono le sue linee guida.
«Sinodalità e collegialità», senza dimenticare le sofferenze del mondo. Presenta così la sua missione come nuovo presidente della Cei. Guarda all'attualità e al «momento che stiamo vivendo, sia in Italia, in Europa e nel mondo, sia come Chiesa, perché le cose sono strettamente unite». Quindi «le pandemie»: anzitutto il Covid «con tutto quello che ha rivelato delle nostre fragilità e debolezze, con le domande che ha aperto, le consapevolezze e le dissennatezze che ha provocato».
E ora «la pandemia della guerra» che il Papa «con tanta insistenza» ha stigmatizzato in questi anni. In una recente intervista a La Stampa Zuppi ha chiesto di «aiutare le vittime in Ucraina e fermare il carnefice», ma ha evidenziato anche che «la guerra non si supera con la guerra. Esiste il diritto alla legittima difesa, ma ancora di più c'è il diritto alla pace».

La vicinanza è per Zuppi «una delle cose che mi solleva di più». E confida di sentire sulle spalle la propria «piccolezza e inadeguatezza: spero di restarne sempre consapevole». Poi, un ricordo dei predecessori. Ringrazia per la «fraternità che ha creato» il cardinale Gualtiero Bassetti; e «per la loro sapienza» i cardinali Camillo Ruini e Angelo Bagnasco: «Ho chiamato poco fa entrambi, chiedendo udienza». 


[ Domenico Agasso jr ]