«È l'umiltà la via che ci porta a Dio. Rompiamo lo specchio della vanità»

L'abbraccio a una famiglia di profughi arrivata da Lesbo. L'appello all'Europa: aprire la porta del cuore ai migranti

Sorride papa Francesco mentre saluta, al termine dell'udienza generale di ieri, il bambino di un anno e mezzo di origine afghana, incontrato nel campo Mavrovouni di Lesbo, insieme con la sua famiglia. È arrivato a Roma per curarsi grazie all'intervento del Pontefice e agli sforzi della Comunità di Sant'Egidio.
«Durante il mio viaggio a Cipro e in Grecia - spiega il Papa a conclusione - ho potuto toccare con mano, ancora una volta, l'umanità ferita dei profughi e dei migranti. Ho anche constatato come solo alcuni Paesi europei stiano sopportando la maggior parte delle conseguenze del fenomeno migratorio nell'area mediterranea, mentre in realtà esso richiede una responsabilità condivisa da tutti, dalla quale nessun Paese può esimersi, perché è un problema di umanità».
Poi il grazie all'Italia e alla "generosa apertura delle autorità» nazionali per aver fatto giungere alcuni profughi cari a Francesco. «Benvenuti! Ce ne faremo carico, come Chiesa, nei prossimi mesi. È un piccolo segno, che spero serva da stimolo per gli altri Paesi europei, affinché permettano alle realtà ecclesiali locali di farsi carico di altri fratelli e sorelle che vanno urgentemente ricollocati, accompagnati, promossi e integrati». E l'appello: «Serve aprire una porta, la porta del cuore! Non manchiamo di farlo in questo Natale».