Polonia, Appello del card. Nycz: l'aiuto umanitario non è in contraddizione con la difesa delle frontiere

Alla preghiera "Morire di speranza" a Varsavia e in altre città polacche si ricordano anche i rifugiati morti al confine con la Bielorussia.

“Non deve esserci contraddizione tra l'aiuto umanitario, cristiano, che ci comanda il Vangelo, e la difesa delle frontiere, che nessuno mette in discussione”, ha affermato il cardinale Kazimierz Nycz durante la preghiera “Morire di speranza” a Varsavia. Nella chiesa di Santa Barbara sono stati ricordati migliaia di migranti morti nel loro viaggio verso l'Europa, in fuga da povertà, violenza e guerra, ma anche i tre uomini i cui corpi senza vita sono stati ritrovati lo scorso 19 settembre in Polonia, vicino al confine con la Bielorussia e la Lituania. Alcune settimane fa in questo estremo lembo di Europa, dove già le temperature di notte sfiorano lo zero, il governo polacco ha introdotto la legge marziale, sigillando la frontiera con reticolati di filo spinato e impedendo l'accesso alle organizzazioni umanitarie fino ad allora impegnate nell'assistenza ai profughi provenienti da Afghanistan, Iraq e da alcuni paesi africani.
“Non dobbiamo pregare solo per coloro che sono morti, per quelli che soffrono e sono rifugiati. Dobbiamo anche pregare perché i cuori si scaldino, perché il nostro mondo ricco sia sensibile ai bisogni degli uomini. Verremo giudicati da Dio sull’amore, non dichiarato ma concreto”, ha affermato l’arcivescovo di Varsavia, facendo appello affinché “il nostro cristianesimo non si limiti alla devozione, ma si traduca nella nostra vita e nell'aiuto concreto che diamo agli altri”.
Riferendosi ai tragici eventi al confine polacco-bielorusso, dove le persone continuano a morire, il cardinale Nycz ha sottolineato che non dobbiamo cercare scuse contorte per calmare le nostre coscienze. Ha notato che le società moderne hanno gli strumenti per trattare equamente migranti e rifugiati, considerando pure che le migrazioni sono un fenomeno inarrestabile e, allo stesso tempo, potrebbero aiutare la Polonia ad affrontare l'enorme problema demografico. L'arcivescovo di Varsavia ha ancora una volta chiesto l'apertura di corridoi umanitari in Polonia, un programma efficace per aiutare i rifugiati, che richiede però la collaborazione dei “governanti di questo mondo”.
Alla veglia hanno partecipato rappresentanti di altre Chiese cristiane, immigrati, rifugiati e molti cittadini di Varsavia, che hanno così voluto esprimere la loro solidarietà ai rifugiati respinti alla frontiera con la Bielorussia. “La preghiera ci permette di ascoltare il grido dei poveri, di chi è scartato e perseguitato, e ci aiuta a sollevare i nostri occhi, spesso concentrati su noi stessi, per guardare il mondo dalla giusta prospettiva. La preghiera ha il potere di cambiare i cuori e la storia”, ha affermato Magdalena Wolnik.
All'inizio della preghiera è stata portata in processione una croce fatta coi legni delle barche naufragate al largo di Lesbo e due giubbotti di salvataggio per bambini, portati a Varsavia dalle persone della Comunità che hanno trascorso le “vacanze solidali” insieme ai profughi sull'isola greca. La veglia “Morire di speranza” si è svolta nell'ambito della Settimana di preghiera per i rifugiati, che dal 2015 si tiene ogni anno, per iniziativa di Sant’Egidio, in diverse città della Polonia in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.
Alla veglia organizzata a Koszalin, mons. Krzysztof Zadarko, presidente della Commissione per l’immigrazione della Conferenza episcopale polacca, ha affermato: “Abbiamo bisogno di pregare, per liberarci da dubbi e paure. Se nel cuore manca la preghiera, il suo posto viene preso da ideologie e populismi indegni di un cristiano”. Il vescovo ausiliare di Koszalin, che a luglio si è unito alla missione di Sant’Egidio a Lesbo, ha concluso: “Le nostre isole greche sono a Usnarz Górny, divenuta teatro di una guerra nascosta. Guardando Usnarz Górny, possiamo dire con tranquillità: ‘Andate via’? Posso 30 persone affamate e al freddo minacciare la nostra patria, 37 milioni di polacchi e 500 milioni di europei? Dovremmo gridare a coloro che decidono: ‘Fate entrare queste persone!’. Per quanto tempo possiamo restare a guardare cosa sta succedendo lì?”.