Un’estate entusiasmante che ha vinto paure e pregiudizi

Quasi 1000 giovani da tutta Italia a Roma con i poveri

 

 

Una vacanza speciale quella di quasi 1000 ragazzi italiani (per lo più delle regioni del Nord, ma non solo) tra i 14 e i 23 anni, insieme ai loro educatori: destinazione Roma, con la Comunità di Sant’Egidio.

Non solo, quindi, visite ai luoghi storici (anche se la città, senza traffico, d’estate è più bella), ma un’esperienza al fianco di chi, nella capitale, vive il disagio della povertà e della emarginazione.

Così questi ragazzi hanno trascorso il loro tempo alla Summer School dei bambini rom, visitando anziani soli o istituzionalizzati, facendo festa con disabili o alla mensa con le persone senza dimora.
Per alcuni gruppi, soprattutto del Nordest (Veneto, Friuli, Lombardia) è ormai una tradizione passare l’estate con Sant’Egidio. Ma i gruppi arrivano da quasi tutte le regioni italiane, da Nord a Sud. E quest’anno si sono aggiunti anche altri da Olanda, Svezia, Francia, Portogallo e qualcuno perfino dall'America.

Un percorso nuovo, un modo diverso di trascorrere le vacanze, che ha portato ad incontrare persone che mai si sarebbe pensato di incrociare nella vita, come ha scritto Helen: “Sant’Egidio per me è stata un’esperienza di scambio con persone che fino a prima evitavo”. Ma insieme ad “una squadra che non lascia indietro nessuno” è stato “un’opportunità di crescere che soprattutto mi ha permesso di togliermi dalla mente molti pregiudizi...” (ha detto Sara).

Se al primo incontro con i poveri alcuni ragazzi erano un po’ timorosi, soprattutto di non essere “all’altezza della situazione”, nell’arco della settimana, con il proseguire delle attività, sono stati accompagnati alla scoperta di un mondo nuovo, ma anche delle loro capacità di costruire relazioni “impensabili”. “Pensavo di non farcela! – ci ha scritto Giacomo - Invece alla fine sono stato molto contento di com’è andata!” E l’entusiasmo è visibilmente cresciuto.

“Due cose mi hanno colpito – scrive Edoardo di Borgo Panigale - La prima è che i volontari non fossero pagati per ciò che facevano, bensì lo facevano perché era una loro volontà, spontaneamente. La seconda (ma forse è legata) che i grandi mentre ci spiegavano le cose da fare avevano un entusiasmo che non mi sarei mai immaginato”.