L'Italia adotta una «vedova del jihadismo»

Maputo
La donna ha visto i miliziani assassinare il marito e ha perso anche la figlia nella fuga dal nord. Ora a Pemba è assistita da Sant'Egidio

Imaculada - il nome è stato cambiato per ragioni di sicurezza, è fuggita a febbraio, al calar del buio. Ha radunato i sei bambini e, insieme, sono sgattaiolati dietro le capanne e si sono inoltrati nella foresta, seguendo il fratello di Imaculada e la sua famiglia. Muovendosi come in un incubo, il gruppo ha camminato per settimane, un passo dopo l'altro, senza domandarsi dove fosse diretto. Tutti sapevano solo da che cosa scappavano: la furia jihadista che si era abbattuta sul loro villaggio, nel nord del Mozambico.
Era stata quella furia a massacrare Antonio, il marito di Imaculada, radunato insieme agli altri uomini e decapitato, perché aveva rifiutato di arruolarsi. Lei aveva visto tutto, nascosta dietro la porta della sua casupola. L'interminabile tragitto nella selva, le ore di marcia sotto la pioggia o il sole implacabile, l'arsura ancora più crudele della fame, qualunque cosa era preferibile alla violenza cieca dei miliziani estremisti. Il viaggio, però, si è rive
lato più duro del previsto. Gli stenti hanno debilitato Janin, 10 anni, una delle figlie di Imaculada, morta, poco dopo l'arrivo a Pemba, capitale della regione di Cabo Delgado, straziata dal terrore fondamentalista. Un nuovo dolore straziante che ha rischiato di distruggere la 32enne "vedova del jihadismo" sperduta in una città sconosciuta e stracolma di sfollati dal Nord: oltre 200mila persone.
A dare conforto e forza per ricominciare alla giovane e al resto della famiglia è stata Sant'Egidio
, presente in Mozambico dagli anni Ottanta, dove ha creato 130 comunità, impegnate nella costruzione della pace, nella riconciliazione, nell'educazione e nell'assistenza agli ultimi, oltre che nei due programmi modello Dream, contro l'Aids, e Bravo, per la registrazione anagrafica dei neonati.
Prima, la Comunità ha accolto Imaculada nella propria sede come altre decine di disperate, poi le ha trovato una casetta in affitto, dove potesse stare insieme ai figli e alla famiglia del fratello. Dopo tanta sofferenza, inoltre, questo Natale ha portato un dono inatteso. «Una famiglia italiana, conosciuta la sua storia, ha voluto "adottarla", con un contributo mensile. Il primo è appena arrivato - racconta Chiara Turrini, responsabile di Sant'Egidio 
in Mozambico - . Un sostegno fondamentale per Imaculada: potrà mandare i tre figli più grandi, Beth, Nando e Gabriel, di 15, 11 e 6 anni, a scuola. Non hanno potuto frequentare per tutto l'anno. Ad essere importante, poi, è anche l'aspetto simbolico. Questa ragazza sente che a delle persone interessa, che non è sola. Sentirsi benvoluta le ha dato la forza di non ripiegarsi sulla sua tragedia e di poter guardare verso il futuro. Il suo sogno è riprendere a studiare. Noi le stiamo e continueremo a starle vicini perché possa realizzarlo». 


[ R.E. ]