Sant'Egidio e l'Africa dei bambini invisibili

Vedono, sentono, toccano. Parlano con la voce acuta tipica dei bambini. Soffrono, lavorano, resistono e lottano per aggrapparsi a una vita che, in realtà, non esiste. Sono i bimbi invisibili: un popolo di oltre 166 milioni di minori sotto i cinque armi sparsi per le periferie urbane e nei villaggi rurali del Sud del mondo, soprattutto in Africa e in Asia.
Sono nati eppure non contano né sono contati. Nessuno li ha iscritti all'anagrafe, dando al loro nome rilievo legale per società e istituzioni. Sono, dunque, privati di quel «diritto fondamentale ad avere diritti» che Hannah Arendt considerava fondamento della cittadinanza.
E il numero degli esclusi a priori cresce: ogni anno, oltre un terzo dei 125 milioni di neonati venuti al mondo non viene registrato. Un serbatoio di anonimi di cui si alimentano trafficanti di esseri umani, mafie e organizzazioni terroristiche. Ribellarsi a questo sistema di ingiustizia originaria è, però, possibile.
Lo ha dimostrato e lo dimostra la Comunità di sant'Egidio 
che, lavorando a mani nude, ha dato uno stato civile a cinque milioni di piccoli attraverso il programma Bravo! (Birth registration for all versus oblivion!). «Un'opera di grande umanesimo», «non un umanesimo libresco, ma un impegno umanistico che fa riscoprire come non c'è persona senza collocazione in un orizzonte civico: un umanesimo che ha la persona nel cuore», definisce il progetto Andrea Riccardi nel saggio introduttivo a "Nascere non basta. Bambini invisibili, tratta di minori e stato civile in Africa", un libro collettivo degli operatori di "Bravo!" curato da Adriana Gullotta (San Paolo, pagine 216, euro 18,00).
Attraverso storie e testimonianze spesso dolorose, il saggio racconta la battaglia di sant'Egidio 
per il diritto al nome e all'identità di questi bambini, a partire dalle prime esperienze nel 2008 in Burkina Faso dove l'avvio del programma ha coinciso con una campagna nazionale per la registrazione delle nascite. "Bravo!" ha offerto il proprio sostegno, proponendo due misure - prontamente ricevute- che contribuiscono al successo: la gratuità dell'iscrizione e la semplificazione delle procedure. Da allora, il progetto è cresciuto, rafforzando - grazie a coraggiosi attivisti - la propria presenza nelle aree rurali, nelle megalopoli in crescita, nei reparti maternità, nelle scuole nei punti più caldi del mappamondo.
In Burkina Faso, Malawi e Mozambico, dove sono stati ottenuti i risultati di maggior rilievo, "Bravo!" è una best practice, riconosciuta a livello internazionale. La soddisfazione maggiore, tuttavia- conclude Adriana Gullotta - è quella di aver dato agli invisibili una nuova appartenenza alla propria nazione. A tal proposito, ricorda il commento del Midrash al cambio di nome di Abramo: il patriarca resta la stessa persona ma, al contempo, acquisisce una nuova dimensione, come capostipite del popolo di Israele: «qualcosa di simile si realizza col lavoro di "Bravo!": i bambini, sebbene abbiano un nome con cui vengono chiamati, ricevono un "nuovo nome" certo e legale perché nascere, a certe latitudini, non basta». 


[ Lucia Capuzzi ]