Missione in Bosnia la vacanza alternativa dei giovani trevigiani

Comunità di Sant'Egidio

Vacanza alternativa, solidale, coraggiosa per 50 giovani decisi a trascorrere il mese di agosto in Bosnia, accanto ai profughi che sopravvivono in condizioni difficilissime nei dintorni di Bihac, in piccoli campi e rifugi di fortuna.
Sono in gran parte studenti universitari quelli che hanno raccolto l'appello della Comunità di Sant'Egidio e provengono da Treviso, Padova, Mestre, Trieste, Bologna. Ciascuno di loro trascorre una settimana di servizio, in modo che risultino operative almeno dieci persone a turno sul posto. «Per tutti è un'esperienza forte, che tocca il cuore attraverso i volti di tanti ragazzi bloccati al confine, le loro storie, i sorrisi, le ferite, la loro indistruttibile speranza», dice commosso il referente trevigiano di Sant'Egidio, Valerio Delfino che ha già viaggiato più volte verso il cuore della rotta balcanica, protagonista in questi giorni della missione "Giovani per La Pace in Bosnia".
La stagione estiva non ha segnato la fine dell'emergenza: stanchi, affamati, maltrattati, i profughi continuano a percorrere un lungo cammino a piedi, con il sogno di arrivare in Europa, riprovando più volte quello che chiamano il "game", letteralmente il gioco, che in realtà costituisce il pericoloso passaggio della frontiera con l'Ue.
I migranti sono in gran parte afghani e si prevede una nuova ondata di arrivi, da parte di chi sta fuggendo dalla catastrofe umanitaria m questi giorni, ma ci sono anche africani provenienti da diversi paesi: tutti in condizioni estremamente critiche, con problemi legati alla scarsità di cibo e alla mancanza di acqua potabile.
Una parte del lavoro dei volontari di Sant'Egidio si è svolta in sinergia con il JRS (Jesuit Refugee Service) e insieme a Ipsia-Acli è stato possibile effettuare visite all'interno del campo di Lipa. «Molti profughi partecipano con costanza ed entusiasmo ad una scuola di lingua, attraverso lezioni in piccoli gruppi, con l'intento di insegnare semplici frasi in inglese, italiano, francese, spagnolo e tedesco», spiegano i volontari, impegnanti affinché questa sia un'occasione per parlare, conoscersi meglio e fare amicizia, ma anche per rafforzare la speranza di un mondo accogliente per tutti.
La scuola costituisce un appuntamento atteso da un numero sempre più largo di giovani migranti che popolano il campo di Lipa. E l'orizzonte sembra meno scuro, il clima diventa più leggero, la giovinezza con la sua carica positiva dilaga, si cantano canzoni nelle lingue di provenienza. Cantare aiuta a raccontare la propria vita ed è nato così il brano che ha colpito tutti i partecipanti: composto da un migrante pakistano, descrive in modo toccante le speranze di un giovane alla ricerca di un futuro migliore. 


[ Laura Simeoni ]