Sull'isola a servizio dei più piccoli

Sull'isola a servizio dei più piccoli

I giochi e la scuola per fare amicizia
Nel campo che conta 4.200 migranti, i percorsi di chi non si arrende a muri e chiusure

L'altra Europa comincia qui. Dai 250 volontari della Comunità di Sant'Egidio, di tutte le età, che da Ungheria, Italia, Polonia, Spagna, Francia, Belgio ed altri Paesi dell'Unione, si alternano nelle settimane di luglio e agosto a Lesbo, l'isola greca dove sorge il più grande campo profughi d'Europa. 
Ciascuno di loro - risparmiando nei mesi precedenti - si è pagato il viaggio per testimoniare l'Europa dei ponti e non dei muri. Convocali sull'isola greca per non rassegnarsi all'indifferenza e al filo spinato che circonda il campo, con i suoi 4.200 profughi, per il 45% minori, a cui l'Europa continua a chiudere le porte. Afghani, somali, siriani, congolesi e di altre nazionalità chiusi nelle tende e nei container da uno, due, tre anni. Tutti provenienti dalla Turchia, le cui coste si vedono bene dall'altra parte del mare e ora abbandonati nella calma irreale di questo accampamento, senza soluzioni: si arriva fino anche a quattro rigetti alla domanda di protezione internazionale e ogni volta è un colpo alla speranza. 
Come quello dato alla donna di 95 anni, arrivata qui dalla Siria sopravvivendo alle bombe, alla perdita delle persone care, camminando per tutta la Turchia e, alla fine, salendo su una barca che l'ha portata in un campo dove il termometro segna 40 gradi e non c'è ombra. 
Marc ha 20 anni, studia ingegneria chimica ed è arrivato da Barcellona con 11 coetanei. Porta i piatti a tavola e racconta subito di una coppia afghana. «Sono scappati prima che la situazione precipitasse, perché di due etnie diverse. Hanno rischiato e rischiano la vita». L'Afghanistan è anche il Paese di Elias, suo coetaneo, che aiuta con il lavoro di traduzione ed è diventato suo amico. 
Il volontariato qui non ha età: si va dai 20 anni di Lara, che arriva dalla provincia di Milano («Dopo aver partecipato questo inverno a un'assemblea viaZoom su questo campo, ho sentito che dovevo esserci») ai 60 di Concetta, che aiuta e rassicura i più fragili e i malati. Poi c'è Anna, di Varsavia, nata lo stesso giorno in cui a Danzica Lech Walesa fondava il sindacato più famoso al mondo e per questo è stata ribattezzata subito «la ragazza di Solidarnosc», c'è Rita che a Lisbona lavora per un'azienda farmaceutica («guardate la facce dei bambini che adesso sorridono») e infine Dawood: abita in Italia da 20 anni ma arriva dall'Afghanistan. «Da nuovo europeo, voglio contribuire a costruire un`Europa che non sia spaventata di fronte a persone in fuga dalla guerra e dal terrore» dice pensando a quanto sta accadendo proprio adesso nel suo Paese d'origine. 
Per restituire dignità, Sant'Egidio ha montato la Tenda dell'Amicizia, rossa, ben visibile, proprio accanto a Kara Tepe. Qui al mattino si svolge la Scuola della Pace, dove i bambini studiano, cantano, giocano, sorridono. In altri gazebo, gli adulti imparano l'inglese, provando a costruire un pezzo di futuro. Al pomeriggio, le famiglie si siedono ai tavoli, finalmente all'ombra, e mangiano con un amico accanto che, con un po' di inglese e la lingua internazionale dell'amicizia, mostra un volto diverso da quello dei muri. Quattrocentocinquanta pasti al giorno, a cui si accede a turno, l'unico "cibo buono" della settimana. 
I bambini poi corrono in un'area che i giovani di Sant'Egidio hanno attrezzato per giocare: sono affamati anche di questo: giocare come dovrebbero fare tutti i bambini del mondo. Nel week-end momenti speciali: con i pochi che non vivono più nel campo ma hanno ottenuto un alloggio a Mitilene si va in gita, si va a conoscere quest'isola, tanto diversa dalla loro terra, ma in cui la pietà di qualcuno ha creato il "cimitero dei giubbotti", luogo dove sono stati raccolti i salvagenti dei migranti giunti con i barconi. Per non dimenticare chi non ce l'ha fatta, per non lasciar cadere l'invito del Papa, quando il 16 aprile 2016 visitò l'isola: «Risvegliaci - pregò Francesco - dal sonno dell'indifferenza, apri i nostri occhi alle loro sofferenze e liberaci dall'insensibilità, frutto del benessere mondano e del ripiegamento su noi stessi».


 
 


[ Stefano Pasta ]