La strada della solidarietà

La strada della solidarietà

Noi non diciamo "Buon Natale" o "Buon anno", noi diciamo "Buona vita" dice Franky, orafo venezuelano, poco prima di andarsene dalla sede della Comunità di Sant'Egidio dove ogni martedì decine di volontari distribuiscono cibo e vestiti a chi ne ha bisogno. Piove, la città è in zona rossa, ma non so quante delle tante persone arrivate qui a cercare sostegno di ogni tipo, si siano poste il problema dì dover autocertificare la propria condizione. Franky con la pandemia non riesce a vendere più nulla, ma continua a studiare italiano e a sorridere, nonostante sia venuto qui per prendersi una giacca per combattere il freddo e una busta con le cose da mangiare. La mattina è il turno degli italiani, il pomeriggio è degli stranieri, accolti, ascoltati e serviti per lo più da altri stranieri, alcuni dei quali in passato si sono trovati nella condizione di chi è qui. E spesso per la prima volta in cerca di aiuto. D'acchito non si capisce immediatamente chi aiuti chi. Chi è il volontario e chi il bisognoso, ma forse nulla rende meglio l'idea di come nelle difficoltà di questi tempi, ci si possa ritrovare davanti chiunque, a prescindere dall'anagrafe e dal curriculum vitae.

I pacchi con il cibo sono di due tipi: c'è quello "cucine, consegnato a chi può permettersi di cuocerlo, e quello pronto da mangiare, per chi vive in strada. A distribuirli sono un ragazzo siriano e uno somalo. Tra i volontari che offrono vestiti c'è Catia, badante. Viene dal Perù ed è eccitatissima oltre che incredula perché le hanno detto che probabilmente entrerà presto in lista per ricevere il vaccino anti Covid. «In Perù non li stanno somministrando» mi dice, ed è contenta al solo pensiero di poter essere, in linea teorica, la prima peruviana al mondo a vaccinarsi. "Vecchi" e "nuovi" poveri si incontrano, si sommano, si conoscono, resistono. «Com'è vivere per strada?», oppure, «come si finisce a vivere per strada?», domando a chi la strada, essendo venuto qui, è appena riuscito a lasciarla. Trovarsi al cospetto di persone che hanno vissuto per mesi o addirittura anni un simile inferno azzera ogni complessità, cancella le parole, inibisce l'eloquio. Pietro, 66 anni, grazie alla Comunità di Sant'Egidio dorme in una chiesa, Francesco, 58 anni, in un centro d'accoglienza. Per strada, prima di quest'anno orribile fatto di sfratti e di lavoro (in nero) perso, non c'erano mai stati. Hanno lo sguardo di chi è sopravvissuto, il pudore della propria condizione, l'angoscia dell'incertezza, la voglia fortissima di non sentirsi inutili mai.


[ Diego Bianchi ]