Dai tre centri di distribuzione durante il lockdown agli otto attuali. Più 40 per cento di persone bisognose che si rivolgono alla comunità di Sant'Egidio. Cinquemila pacchi alimentari al mese e 300 consegnati a domicilio, in costante e continua crescita.
Sono alcuni numeri della comunità di Sant'Egidio, una delle realtà più importanti e radicate sul fronte dell'assistenza. Negli ultimi sei mesi, i centri presenti sul territorio genovese sono quasi triplicati, per far fronte alla richiesta di 40 distribuzioni al mese a fronte delle 10 del pre-lockdown. «Le persone si rivolgono a noi anche al di là dei consueti circuiti della solidarietà – racconta il volontario Sergio Casali – Forme in parte nuove di povertà che avevamo intercettato durante la prima ondata, e che oggi sono diventate strutturali». Di conseguenza, anche l'esplosione di solidarietà spontanea manifestatasi nella prima emergenza oggi non basta più: «Abbiamo dovuto assottigliare i pacchi per poter raggiungere tutti. E poi c'è un aspetto umano, particolarmente presente nelle persone che avevano smesso di rivolgersi a noi e che hanno dovuto ricominciare, con le conseguenti ricadute in termini di mancato riscatto e senso di umiliazione».
Sant'Egidio fornisce servizi di supporto diretto ma è presente anche attraverso le scuole della pace e le attività con i migranti, dalle periferie al centro storico cittadino: terminali che consentono di conoscere nel profondo le diverse realtà genovesi.
Anche in questo caso non mancano i giovani volontari, che sono circa 150, oltre a svariate centinaia di
adulti in campo. I più anziani, tuttavia, in questo momento vengono tutelati dirottandoli su attività logistiche e telefoniche, anche di vicinanza ai più deboli, non meno importanti della prima linea. Per inseguire il virus e specialmente per tenerne a bada le conseguenze sociali, è oggi dunque quanto mai necessaria una seconda ondata di solidarietà: «C'è sempre bisogno di mani che aiutino, di generi alimentari e anche di offerte per acquistarne».
[ E. M. C. ]