Nuove reti di solidarietà per aiutare i migranti

L'appello congiunto di Comunità di Sant'Egidio, Jesuit Refugee Service e scalabriniane

«Non possiamo continuare ad assistere inermi alle difficili condizioni nelle quali sono costrette a vivere migliaia di migranti e di richiedenti asilo. Quello che è avvenuto nei giorni scorsi nel campo profughi di Moria, a Lesbo, è inaccettabile. Dobbiamo intervenire subito ed impedire tutto questo»: è quanto ha dichiarato a «L'Osservatore Romano» suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle suore missionarie di San Carlo Borromeo (scalabriniane), a pochi giorni dall'incendio avvenuto l'8 settembre scorso nell'isola di Lesbo, dove vi erano accampati oltre 12.000 richiedenti asilo (quattro volte la sua capienza) ed è il più grande d`Europa.
Dopo 24 ore, un nuovo rogo ha devastato la parte del campo profughi che era stata risparmiata, gettando ulteriormente nel panico le famiglie, costrette a mettersi in salvo mentre le loro tende bruciavano. I due drammatici episodi, per i quali sono stati arrestati 5 migranti, hanno provocato l'immediata reazione della Comunità di Sant'Egidio, del Jesuit Refugee Service (Jrs) e delle missionarie scalabriniane che, in un comunicato congiunto, chiedono accoglienza e integrazione «per salvare le persone più vulnerabili, a partire da malati, donne e bambini».
Le religiose sono impegnate con una missione a Lesbo, dove in collaborazione con la Comunità di Sant'Egidio, dalla fine di luglio, svolgono un servizio di assistenza ai profughi che arrivano nell'isola greca. Ribadendo quanto detto dal Papa domenica scorsa all'Angelus che ha invitato ad accogliere umanamente e dignitosamente chi cerca asilo, le tre realtà cattoliche lanciano un appello affinché, dopo i due incendi che hanno distrutto il campo profughi e creato «enormi difficoltà a chi viveva già un inferno», «nulla sia come prima».
«L'Unione europea, in collaborazione con il governo greco - sostengono Comunità di Sant'Egidio, Jrs e missionarie scalabriniane - intervengano con immediatezza nel segno dell'accoglienza e dell`integrazione di un numero di persone che certamente è alla portata», si legge nel comunicato che invita, con estrema urgenza, nelle prossime ore, a prendere importanti decisioni. «Solo privilegiando la strada del dialogo e delle relazioni pacifiche, sarà possibile arrivare ad una soluzione nell'interesse di tutti. Ma ritardare o, peggio, far finta di niente in attesa che si crei una nuova precarietà permanente a danno di famiglie che risiedono da mesi nell'isola, alcune da anni, sarà gravemente colpevole per un continente che è simbolo di rispetto dei diritti umani, una vergogna di fronte alla storia».
Secondo la superiora generale delle scalabriniane, «occorre mettere a punto un nuovo modo di integrare e realizzare una rete di collaborazione per migliorare e rendere ancora più efficace l'accoglienza. Il cammino comune tra congregazioni e associazioni religiose e laiche - prosegue suor Neusa - è indispensabile per raggiungere questo importante traguardo, ma allo stesso tempo dobbiamo sensibilizzare
ancora di più il territorio e creare una mentalità nuova e una solidarietà nuova. Non possiamo tapparci le orecchie e non ascoltare il grido di aiuto di migliaia di persone».
Le tre realtà che promuovono l'appello, da tempo vicine con diversi interventi ai profughi che risiedono a Lesbo e in tutta la Grecia, chiedono in particolare di: sistemare, il prima possibile, gli sfollati dell'incendio di Moria in strutture di piccole dimensioni, fornite di servizi; garantire il libero accesso alle associazioni umanitarie per soccorrere i migranti nelle loro necessità più immediate, in particolare nei confronti di malati, donne, bambini, e anziani; decidere contemporaneamente, a livello dell'Unione europea o dei singoli Paesi che si offrono, il necessario ricollocamento non solo dei minori non accompagnati ma anche
delle famiglie e degli individui vulnerabili presenti nell'isola; cambiare il modello di accoglienza a Lesbo per i nuovi arrivi dalla Turchia, prevedendo strutture di accoglienza su base transitoria, gestibili e rispettose della dignità umana, salvaguardando il diritto di ciascun profugo, di qualsiasi provenienza, a chiedere asilo.
Comunità di Sant'Egidio, Jesuit Refugee Service e suore scalabriniane ricordano poi l'esperienza dei corridoi umanitari nata nel febbraio del 2016, avviata anche a Lesbo da Papa Francesco quando, il 16 aprile di quello stesso anno, portò con sé in aereo le prime tre famiglie. «Si tratta di una via che occorre continuare a percorrere per salvare altri profughi, facendo rete con tante associazioni, parrocchie, cittadini comuni che si sono offerti di accogliere con grande generosità» evidenzia il comunicato. Soluzioni che dimostrano quanto le possibilità della buona accoglienza risultino poi superiori a quanto si crede.
«Ci rendiamo conto che la situazione non è semplice - sottolinea la superiora generale delle scalabriniane - anche perché l'emergenza sanitaria provocata dal coronavirus sta creando enormi difficoltà a chiunque, ma questo non significa abbandonare tanta gente indifesa, anzi dobbiamo continuare ad aumentare gli sforzi». Infine, Comunità di Sant'Egidio, Jesuit Refugee Service e missionarie scalabriniane auspicano «che le conferenze episcopali europee sollecitino i loro rispettivi governi a elaborare nuovi progetti di accoglienza e di integrazione, due pratiche che fanno bene non solo ai migranti, ma molto, in termini di valori e di futuro, a tutti i cittadini europei».


[ Francesco Recupero ]