Rsa, la sfida di Sant'Egidio: no all'apartheid sociale degli anziani

Rsa, la sfida di Sant'Egidio: no all'apartheid sociale degli anziani

Milano, la buona pratica al Corvetto
L'impegno dell'associazione nelle due residenze sanitarie milanesi dove, in piena pandemia, il 35% dei 435 ospiti è deceduto. «Le persone sopravvissute erano deperite dall'isolamento sociale»

Reagire, non rassegnarsi alla strage degli anziani e al loro "apartheid sociale" nelle Rsa. E cambiare il modello d'istituzionalizzazione che con il Covid ha mostrato tutta la sua criticità. È questo il senso dell'intervento emergenziale, concluso la scorsa settimana dopo quattro mesi, che la Comunità di Sant'Egidio ha realizzato nell'istituto Virgilio Ferrari nel quartiere Corvetto di Milano.
Dunque nella regione con il maggior numero di Rsa in Italia (706, di cui 60 nel capoluogo, per 64.185 posti) e in cui al 31 luglio si registravano almeno 14.700 positivi e 3.378 deceduti (ma le cifre potrebbero essere maggiori). Diverse le inchieste della magistratura aperte. Nelle due Rsa del Corvetto (la gestione è unica) è morto il 35% dei 435 ospiti. «Non siamo voluti rimanere indifferenti - dice Maria Luisa Cito di Sant'Egidio - occorreva curare i malati, fermare i contagi e contrastare il deterioramento cognitivo degli anziani posti in isolamento». Era un periodo (durato mesi) in cui i tamponi non si facevano e la Regione proponeva l'invio di pazienti contagiati nelle Rsa. Mancava tutto: «Il primo intervento - continua - è stata la consegna di presidi adeguati, tra cui le mascherine inviate dalla Cina alla Comunità dalla Jinde Charities della Chiesa cinese». Poi si è posto il tema della riorganizzazione degli spazi per prevenire i contagi.
A maggio Sant'Egidio, presente nell'istituto con i suoi volontari dal 1993, costituisce un'équipe guidata da un medico palliativista e tre Oss (Marlene, Alberta, Walter) che, adeguatamente formati ed equipaggiati, finalmente possono entrare nell'istituto ogni giorno.
«Gli anziani sopravvissuti - ricorda la dottoressa Daniela Cattaneo - erano deperiti dall'isolamento sociale: mangiavano meno, chi prima assumeva cibi normali era passato agli omogeneizzati poiché il distanziamento allungava i tempi della distribuzione dei pasti, vi era stato un forte calo della capacità di parola e del quadro psicoemotivo». Conseguenze di poche settimane in cui gli anziani erano rimasti soli nella propria stanza, senza capirne il motivo, con meno personale con cui interagire, la fisioterapia annullata. «Sono stati quattro mesi - racconta giustamente fiera la dottoressa - in cui abbiamo combattuto conto l'isolamento fisico, emotivo e cognitivo». È possibile, anche usando i Dpi corretti e rispettando le regole del distanziamento, della sanificazione. Anzi, spiegandole agli anziani, con tempi distesi e ripetendo con calma.
Inizialmente in una relazione uno a uno, poi a gruppi, sono stati 45 gli anziani seguiti in modo continuativo, altri hanno partecipato ad alcune attività. «Non solo - ci tiene a precisare - quelli che stavano meglio, abbiamo lavorato anche con persone psichiatriche». Le attività non sono state imposte, ma sono stati necessari dei giorni per recuperare il gusto della parola e di fare qualcosa. «A contatto con ciascuno - continua- gli Oss sono riusciti a trovare la canzone conosciuta, o la vecchia foto di una zona di Milano ancora presente nella sua memoria». Tanti gli strumenti, dai puzzle e i tablet ai giochi numerici. «Non tutte le facoltà preisolamento sono state recuperate, ma molto è stato possibile. Significativo il lavoro per ricostruire le relazioni, ad esempio facendo lavorare insieme un'anziana capace di raccontare con una brava a scrivere». Importante anche la supervisione alimentare e motoria. Tamponi, misurazione della temperatura e isolamento.
«Non possono essere le uniche misure in campo dice Cattaneo guardando alla situazione attuale - occorre curare le interazioni con gli anziani, la socialità di tutti. È un'attenzione spesso assente nelle Rsa: anche prima dell'emergenza si "assolveva al compito" organizzando attività solo per chi aveva maggiori capacità cognitive». Proprio nei mesi del lockdown, infatti, Sant'Egidio ha lanciato l'appello "Senza anziani non c'è futuro. Per ri-umanizzare le nostre società. No a una sanità selettiva": chiede di superare l'istituzionalizzazione e propone «una rivolta morale perché si cambi direzione nella cura, perché soprattutto i più vulnerabili non siano mai considerati un peso o, peggio, inutili».


[ Stefano Pasta ]