Si riparte dai corridoi umanitari

Il ritorno, dopo i mesi di lockdown: tre famiglie e un ragazzo hanno lasciato l'inferno del campo di Lesbo. Riccardi: uno stimolo per gli altri Paesi Ue, affinché ricordino il popolo dimenticato alle porte del continente

Occhi che ridono, anche se il volto è in parte coperto dalla mascherina. In mano un girasole ricevuto come benvenuto. Per poter provare a immaginare cosa questi dieci afgani abbiano passato, basta guardare il dipinto che Razie ha portato in dono alla Comunità di Sant'Egidio. Raffigura cosa abbiano rappresentato per loro i corridoi umanitari. Alcuni angeli in volo circondati da colombe che "traghettano" i profughi da un mare in tempesta alla tranquilla Europa. La loro tempesta era il campo profughi di Moira (Lesbo), dove queste 3 famiglie e un ragazzo hanno vissuto nell'ultimo anno e mezzo e atteso alla fine che si riaprissero i corridoi umanitari bloccati per il lockdown.
Un sogno che ieri è diventato realtà appunto con l'arrivo dell'ultimo gruppo di profughi che papa Francesco ha voluto portare in salvo attraverso l'Elemosineria Apostolica e la Comunità di Sant'Egidio. Già 57 di loro sono arrivati in Italia negli ultimi due anni con diversi viaggi, il primo effettuato il 16 aprile 2016 nello stesso aereo con cui il Papa è tornato a Roma dalla sua storica visita a Lesbo. Un arrivo, con un po' di ritardo per i controlli a Fiumicino dovuti al Covid-19, a cui adesso farà seguito una quarantena volontaria di due settimane, anche se non prevista dalla legge, proprio per tutelare sia i profughi che il Paese che li accoglie. Negli ultimi anni sono arrivati in sicurezza nel nostro Paese più di 3mila profughi grazie ai corridoi umanitari di Sant'Egidio, Federazione delle comunità evangeliche in Italia e alla Tavola valdese che si aggiungono a quelli di Cei e Caritas in Etiopia. Al loro ingresso nella sede di via Dandolo a Roma li aspettano gli altri profughi arrivati con i precedenti corridoi umanitari che hanno cucinato piatti della loro tradizione allestiti nel salone mensa. I più piccoli sventolano bandiere colorate in segno di festa. «Ben arrivati in Italia», le prime parole con cui il fondatore della comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi li accoglie, riconoscendo tra di loro Hossein, il ragazzo di 23 anni incontrato nel 2019 nel campo profughi Lesbo che gli aveva parlato del suo desiderio di avere una nuova vita in Italia, davanti ad un tè nella sua piccola tenda. «Questa è la prima porta verso l'Europa dall'inizio della pandemia, confermando che si può continuare ad aiutare i dimenticati della Terra», dice Riccardi, ringraziando l'impegno del governo italiano e greco (in particolare ilViminale nella persona del capo dipartimento Michele di Bari e il ministero dell'Immigrazione e asilo greco) e dell'Elemosineria che insieme a Sant'Egidio hanno permesso ciò. «L'accoglienza a queste dieci persone -  continua - è uno stimolo per gli altri Paesi europei affinché si ricordino che alle porte dell'Europa c'è un popolo dimenticato, di cui Lesbo è il simbolo».
Najme e Mohammed sono arrivati nell'isola greca dalla Turchia quasi due anni fa con la loro madre rimasta vedova, che oggi sembra finalmente rilassata. «Non avevamo molto da fare a Moira e passavamo le giornate in fila per il pasto o per lavarci. Non è vita quella», racconta Mohammed. Non a caso Razie ricorda che se per lei e la sua famiglia l'incubo è finito, «lì ci sono ancora tanti profughi che aspettano di essere aiutati». Adesso, dice accarezzando il capo di Esan il figlio più piccolo di quattro anni, «speriamo di iniziare una vita diversa, avere un futuro più tranquillo e soprattutto poter mandare a scuola Esan e Sajad, di dieci anni, perché se studiano potranno un domani aiutare il resto della famiglia rimasta nel nostro Paese».
Tutti si sciolgono in una risata quando Esan alza il pollice in alto per rispondere a chi gli chiede come fosse andato il viaggio in aereo. Ma il pensiero di Razie torna spesso a chi è ancora «prigioniero» a Moira, senza diritti né speranza. «Se ci fossero profeti divini in questo secolo -aggiunge -. cosa direbbero alle persone di fede? L'umanità è morta in questo mondo?». 


[ Alessia Guerrieri ]