Nessuno cade se Chiesa e Istituzioni sono rete

Nessuno cade se Chiesa e Istituzioni sono rete

Intervista a Lino Paoli della Comunità di Sant'Egidio di Lucca

Emergenza e bisogni che crescono:anche le associazioni sono chiamate ad uno sguardo nuovo. Per saperne d ipiù, abbiamo fatto qualche domanda a Lino Paoli, uno dei responsabili della Comunità di Sant’Egidio a Lucca.
Come avete modificato i vostri servizi?
«La modalità ordinaria di svolgimento della mensa è stata sospesa, ma non è mai stata chiusa. Distribuiamo i pasti, anche prodotti caldi, in modo ordinato, all'aperto quando c’è il sole. Ogni settimana consegniamo anche guanti, mascherine e gel disinfettante per le mani, è una nuova forma di risposta al problema igienico. Poi abbiamo la Scuola della Pace, in cui si incontravano abitualmente oltre 40 bambini due volte a settimana. In questo periodo di distanza, adesso ogni"giovane per la pace" a turno si collega via Internet con uno o due bambini, per circa due ore due volte la settimana per fare i compiti insieme. In più, per far fronte alla mancanza di rapporto personale, i ragazzi realizzano video da inviargli periodicamente per tenere un rapporto con i bambini e farsi sentire vicini. La cosa bella è che anche le famiglie ci rispondono con altri video,carichi di gratitudine e affetto».
Moltissimi giovani a casa e tanti anziani soli, alcune iniziative per coinvolgerli?
«Per i giovani delle comunità italiane,ogni settimana, viene organizzato su una piattaforma web un approfondimento con un esperto della Comunità su un tema di particolare rilevanza sociale. Lega tanti ragazzi ed è un modo per riempire le giornate con occasioni di cultura sociale. Per gli anziani: non si può entrare negli istituti, così stiamo acquistando tablet per fare delle videochiamate con loro, rimanere in contatto e tenergli compagnia. È una piccola cosa che testimonia la voglia di "stare accanto", adesso che raddoppia la solitudine che, purtroppo, abitualmente regna già anche negli istituti per anziani».
Sono aumentate le richieste per la distribuzione alimentare?
«Sì, in media ogni 15 giorni distribuivamo a circa 45 famiglie, adesso siamo passati a quasi 75. Alla mensa abbiamo servito in un giorno 90 pasti, di solito 55, un numero record in 20 anni».
Come sostenere le povertà che emergono?
«Tante persone sopravvivono in condizioni precarie di lavoro e la precarietà può diventare presto povertà. Con una piccola campagna in città abbiamo raccolto circa 8000 euro, alcune aziende ci hanno inviato generi alimentari come pallet di latte, zucchero, pomodoro. Abbiamo raccolto tanta generosità e l’abbiamo subito messa in circolo».
Qual è la missione più importante per il presente e per il futuro?
«Non lasciare indietro nessuno. Come cristiani abbiamo un compito: prima di tutto saper "leggere" nuove forme di povertà ancora prima che si manifestino, riconoscere chi sta uscendo dal circuito sociale in cui ha sempre vissuto. E poi immaginare, a volte inventare, nuove forme per stargli accanto, rispondere efficacemente per far sì che le persone tengano entrambi i piedi dentro il "recinto della serenità". Fuori da questo contesto non si sa bene dove appoggiarsi, talvolta si cade e spesso, quando non c’è nessuno che ci aiuta a rialzarsi, si rimane schiacciati. In questo periodo c’è stata una significativa capacità di integrazione fra istituzioni, associazioni, risorse e capacità di gestirle, grazie anche ad un tessuto di organizzazioni presenti da tempo. Questa capacità eccezionale di risposta efficace e tempestiva deve essere ancora più forte verso le nuove forme di povertà che verranno. In Sant’Egidio sta già crescendo una nuova mentalità, ma c’è bisogno di un legame fra pubblico, privato e associazioni, fra Chiesa e istituzioni, per una rete che non faccia cadere nessuno».


[ Giulia Colombini ]