Invece che investire sui servizi di sostegno alla domiciliarità ci troviamo ancora una volta di fronte a programmi che puntano ulteriormente ad incrementare il numero dei posti in RSA. La crisi Covid offre una chance di trasformazione per far maturare una svolta e dare finalmente sbocco ad una ricca riflessione sulla domiciliarità come luogo della cura e della protezione che matura da anni.
La pandemia da COVID-19 ha messo in moto un’approfondita riflessione sul modello di cure extraospedaliere offerto soprattutto a soggetti anziani, per lo più con compromissioni più o meno gravi dell’autosufficienza. Il modello, come è noto, è articolato su un mix di assistenza domiciliare ed assistenza residenziale (Residenze Sanitarie Assistenziali e Case di Riposo) che varia da regione a regione, con una constante rappresentata dall’impressione di non riuscire a rispondere a tutte le persone che avrebbero bisogno di assistenza.
D’altra parte la diffusione del fenomeno delle “badanti” (che aiutano al loro domicilio un numero di anziani quasi quattro volte superiore a quello assistito nelle RSA) risponde sia ad una domanda di cura altrimenti inevasa che al diffuso desiderio, da tenere in attenta considerazione, di rimanere a casa propria anche quando si è non autosufficienti, conservando così un margine di gestione della propria vita che nelle istituzioni inevitabilmente si assottiglia con conseguenze spesso spiacevoli per la qualità della vita. (Continua a leggere)
[ Giuseppe Liotta, Leonardo Palombi, Maria Cristina Marazzi ]