Regolarizzare colf, babysitter e badanti Così si aiutano le famiglie (e le casse dello Stato)

Regolarizzare colf, babysitter e badanti Così si aiutano le famiglie (e le casse dello Stato)

L'intervento
Sono 300 mila lavoratori da non discriminare

Il rilancio del Paese esige di non riprendere i dibattiti nel modo teatrale e gridato in cui li abbiamo condotti fino alla crisi del coronavirus. La questione degli stranieri irregolari, che vivono in Italia, è tornata alla ribalta nelle ultime settimane. Giustamente il mondo dell’agricoltura ha posto il problema dei lavoratori stagionali che mancheranno e della necessità di rimpiazzarli. Buona parte degli stranieri potrebbe essere utilizzata a questo fine con la regolarizzazione. La questione è ben impostata. Non si capisce però perché resti in ombra l’altra parte del problema: la situazione di babysitter, colf e badanti. Sono circa 250.000, quasi tutte donne dell’Est Europa extra Ue o dell’America Latina, dedicate ai servizi alla persona o alla famiglia. Queste lavoratrici non hanno mai potuto regolarizzarsi, perché non c’è stata più possibilità di farlo dal 2012, dall’epoca del governo Monti. Eppure, con il loro servizio, rispondono a una necessità vitale della società italiana.

Integrazione riuscita
Provvedere solo ai lavoratori agricoli (fatto in sé utile e giusto) sarebbe iniquo. Iniquo per le persone dimenticate. Ingiusto per la famiglia italiana. La strage degli anziani nelle istituzioni con il Covid-19 sta facendo pensare di più alla casa come luogo di vita e protezione dell’anziano. Come farlo senza un congruo ausilio? Il sistema delle badanti (più di 450.000 regolari) è un’invenzione geniale della famiglia italiana per sostenere i fragili. È un caso d’integrazione riuscita, perché gestita in ambiente domestico. Far mancare ora le badanti agli anziani e ai disabili sarebbe un errore serio. Ma già mancano, perché parecchie di quelle irregolari — per timore di controlli o altro — non prestano più servizio.
La regolarizzazione di queste lavoratrici darebbe respiro alla famiglia che si trova sotto stress dopo lunghe settimane d’isolamento. Sarebbe un grande aiuto nella fase di ripresa del lavoro e della vita sociale che, per ovvi motivi, sarà più complessa. Sono vitali le babysitter, considerando che le scuole sono chiuse. Come, del resto, le colf, quando le attività lavorative ricominciano. Se fossero possibili assunzioni regolari di lavoratrici di questo tipo, sarebbero tante, rivelatrici di una vera domanda.

La ricostruzione
La crisi del Covid-19 ha rivelato quanto la società italiana si sia impoverita di legami e ausili, e quanto necessiti di una rinnovata sensibilità sociale e umana. Sarebbe un torto non tenerne conto, proprio per non ricominciare a vivere e fare politica come ieri. Un nuovo slancio in uno spirito di «ricostruzione» è oggi possibile se la gente si sente serena, appoggiata nel proprio ambiente domestico. È, peraltro, giusto nei confronti di queste lavoratrici, in buona parte già integrate, anche se irregolari. Discriminarle sulla regolarizzazione rispetto ad altre categorie mostra poca sensibilità agli interessi della famiglia, dei bambini e degli anziani. 
In queste settimane d’isolamento, gli italiani si sono misurati in modo nuovo con l’ambiente familiare e le esigenze del quotidiano. Umanità e cultura degli italiani sono un poco cambiate. Li coinvolge molto meno lo spauracchio di un messaggio gridato contro l’«invasione» degli stranieri. Quale invasione, quando le frontiere sono chiuse? 
Far emergere il sommerso dei lavoratori irregolari risponde a un bisogno di sicurezza anche sanitaria ed è un vantaggio per lo Stato che, regolarizzando 300.000 persone, incasserebbe, tra l’altro, un miliardo e mezzo di euro.

Articolo del Corriere della Sera


[ Andrea Riccardi ]