Una corsa contro il tempo nelle residenze per anziani

La situazione in alcune Rsa di Milano
Oltre cento vittime in due strutture, appena partita la richiesta di tamponi. S. Egidio: salvare più vite possibili, poi si dovrà cambiare rotta in modo chiaro

Cronache dagli istituti lombardi dove gli anziani muoiono per il Covid-19. Tra chi è ancora in vita, quanti sono i positivi? È passato oltre un mese dall'inizio dell`emergenza, ma ancora non si sa. «Ho mandato poche ore fa - spiegava mercoledì la direttrice di due Rsa milanesi, Claudia Zerletti - la richiesta di tampone per tutti gli ospiti. Finalmente». Rispondeva a una domanda dell'Ats lombarda, l'azienda territoriale sanitaria. La richiesta di tamponi è stata possibile grazie all'intervento del ministero della Salute.
Dall'inizio dell'emergenza, nelle due Rsa gestite dalla Cooperativa Proges nel quartiere Corvetto sono 102 i morti sui 434 posti letto, non si sa quanti siano attribuibili al coronavirus. Intanto, al Corvetto e negli altri istituti di cura per anziani milanesi si sono ammalati, uno dopo l'altro, anche i dipendenti, dal direttore sanitario a chi fa le pulizie, mentre i familiari scrivevano terrorizzati per la sorte dei loro congiunti.
«Occorre salvare chi è ancora in vita, sia i malati sia i sani. Subito», spiega Ulderico Maggi della Comunità di Sant'Egidio, che è presente nella struttura con una convenzione per il volontariato da oltre vent'anni. Sant'Egidio sta per avviare un progetto, all'interno della Rsa, con il Comune, la Fondazione di Comunità Milano ed Emergency. Tre i livelli dell'intervento. «La compartimentazione degli spazi interni, la consulenza di un'équipe guidata da un medico esperto in gestione dell'emergenza, la fornitura di mascherine, camici e attrezzature per la sanificazione degli ambienti».
Dopo oltre cento morti, questi materiali ancora scarseggiano. Continua Maggi: «Abbiamo pensato anche a degli interventi per gli anziani con decadimento delle funzioni cognitive, motorie e comportamentali. Non stanno soffrendo solo i malati; l'isolamento forzato, la lontananza e l'impossibilità di comunicare hanno prodotto un generale peggioramento sotto tutti i profili: clinico, cognitivo e dell'autonomia nell'intera popolazione degli istituti».
Conferma la direttrice: «Non possono più mangiare nella mensa del piano, né frequentare gli spazi comuni. Di fatto vivono chiusi nella loro stanza, senza capire quanto sta succedendo». Il progetto ha l'ambizione di indicare una strada anche per gli altri istituti. E di invertire la rotta della sanità lombarda: «Soggetti a rischio - riassume Maggi - sono stati dimenticati in un modello di gestione tutto incentrato sulla cura ospedaliera, da cui gli anziani delle Rsa sono stati esclusi; a livello territoriale invece non è stata attuata un'efficace vigilanza». Basta leggere la delibera dell'8 marzo della Regione, in cui si chiedeva alle Rsa di ospitare i malati Covid dall'esterno. «Ho dato disponibilità- spiega Zerletti per le due strutture - solo per l'arrivo di pazienti non positivi ai tamponi».
In altre strutture è andato diversamente: «A nessuno è stato imposto -ha precisato il governatore lombardo Attilio Fontana -. Il concetto è scelta volontaria di chi gestisce la struttura e previsione dell'isolamento completo. Nel pieno del caos abbiamo fatto questa richiesta, le strutture che hanno deciso di aderire hanno ricevuto questi malati». 
Sant'Egidio sottolinea il messaggio culturale che accompagna l'intervento a Corvetto: «Rispondere all'emergenza Covid-19 nelle Rsa è anzitutto curare i malati e salvare i sani dal contagio, fermando la propagazione, ma anche alleviare la condizione di disagio e paura, quel senso di abbandono che ti fa sentire "scarto" e accresce la disperazione in chi vive negli istituti».


[ Stefano Pasta ]