Il genocidio dei Tutsi in Ruanda dramma del '900 da non dimenticare

MESSINA - I liceali del La Farina a confronto con un sopravvissuto
L'incontro. Gli studenti in aula magna con Don Eugene Muhire

Il genocidio dei Tutsi, avvenuto in Ruanda tra il 7 aprile e il 4 luglio del 1994, non può essere catalogato come una semplice tragedia africana tra le altre, solo a volte riassunto in poche righe all'interno dei libri di storia. Riguarda invece tutti gli esseri umani. Lo ha testimoniato con passione Don Eugene Muhire della comunità di Sant'Egidio, sacerdote superstite del massacro, incontrando gli alunni del Liceo La Farina.
Una delle cause principali del genocidio, ha raccontato don Eugene, è stata la diseguaglianza economica e sociale tra la popolazione. C'erano, infatti, in Ruanda tre principali classi sociali, costituite dai Tutsi, una minoranza che però deteneva il potere economico, dagli Hutu, che erano la maggioranza e si occupavano principalmente dell'agricoltura del paese, e i Twa che erano circa l'1% della popolazione. Ad un certo punto, le differenze socio-economiche, sulla spinta dell'invidia e della rivalsa orchestrate dai belgi desiderosi di punire i tutsi che avevano condotto la lotta per l'indipendenza, sono state trasformate in distinzioni etniche basate sull'aspetto fisico, tradotte e riportate come nazionalità diverse nei documenti di riconoscimento. È stato l'inizio della fine, l'avvento del feroce razzismo che ha condotto allo sterminio di più di un milione di tutsi.
Don Eugene si è soffermato anche sulla sua esperienza personale, descrivendo in particolare come sua madre fosse riuscita a salvare lui e parte dei suoi fratelli, mentre la parte consistente della sua famiglia (circa 50 persone) rimase uccisa.
Al termine del suo intervento, Don Eugene ha risposto ad alcune domande. Durante le risposte, ha affermato che oggi, per fortuna, tra le nuove generazioni del suo paese di origine non si respira più il clima di odio che caratterizzò la seconda parte del '900 e, soprattutto, ha esortato gli alunni a non dimenticare, perché, come ha scritto Primo Levi, coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo.
Alberto Mangano Classe III A Liceo classico O. La Farina