«Parole importanti per cambiare»

Comunità di Sant'Egidio
Pompei: incontrarli è il primo passo per dare vita a un percorso di integrazione

Parole «vere e importanti», che gettano una luce su una realtà che ancora oggi permane nei confronti dei rom». E contenta per quelle parole di papa Francesco, la professoressa Daniela Pompei, responsabile della Comunità di Sant'Egidio per i servizi agli immigrati, rifugiati e rom. «Domenica si è svolto il tradizionale pranzo dell' amicizia in cui anziani italiani e migranti mangiano insieme e giovani rom e italiani si occupano del servizio ai tavoli. Quelle parole sono state per loro una gioia. Erano felici. Sentono papa Francesco come un loro difensore».
Per l'opinione pubblica, però, quel "mea culpa" del Pontefice verso i rom è giunto a sorpresa.
Ci credo, ma ribadisco che sono parole vere perché disegnano una situazione che questa popolazione vive. Pesa su di loro un pregiudizio. Eppure si tratta di un popolo europeo come noi.
Persecuzioni, pregiudizi, indifferenza. Come si spiega questi atteggiamenti?
C'è una lunga storia che pesa su questo antico popolo itinerante, anche se gruppi rom da secoli vivono stabilmente in Calabria e in Sicilia. È mancata la volontà di una vera integrazione. Nella stessa Romania, dove i rom sono il 10% della popolazione, una parte di loro non dichiara la propria appartenenza all'etnia proprio per il peso dei pregiudizi. E sono persone che hanno studiato e che svolgono anche professioni importanti. Sentono forte, in ogni caso, lo stigma del pregiudizio. Le parole di papa Francesco sono un appello forte alla comunità cristiana perché almeno nella Chiesa i rom possano sentirsi a casa e
parte integrante della comunità.
Il Papa chiede scusa anche per quei cristiani che hanno perseguitato i rom, che sono stati oggetti nella Seconda guerra mondiale dell'Olocausto. Un fatto spesso rimosso.
Appunto. E si pensi che le vittime sono state mezzo milione di persone. Ma nessuno scrive la loro storia. Una storia lunga, che ha anche una lingua - più parlata che scritta -, che ha visto anche questa tragedia che loro chiamano "Porrajoms", che potremmo tradurre con il termine "divoramento".
Francesco chiede ai cattolici di cambiare rotta verso i rom. Dove e come iniziare?
Il primo passo, senza alcun dubbio, è incontrarli e conoscerli. Entrare in relazione con loro. Ecco la Chiesa e le parrocchie possono essere un luogo di incontro. Solo conoscendosi davvero si cancellano timori e pregiudizi e si può iniziare a camminare insieme. Come Comunità di Sant'Egidio lo sperimentiamo concretamente nei progetti che mettiamo in campo proprio per far crescere questa integrazione, che deve essere rivolta soprattutto verso l'istruzione, il lavoro, la casa e la salute. Pensi che a livello europeo i rom vivono mediamente 15/20 anni in meno delle altre popolazioni europee. Credo che dal punto di vista laico i Paesi dove la presenza rom è radicata e consistente, devono farsi carico di questi percorsi di integrazione.
A volte, però, sembra esserci una certa resistenza anche da parte degli stessi rom, quasi temessero per le proprie tradizioni. Che ne pensa?
Credo che sia importante proseguire su questi percorsi di integrazione. Penso al diritto-dovere all'istruzione, che dobbiamo far rispettare anche ai bambini rom facendone comprendere l'importanza alle famiglie con un accompagnamento adeguato, chiedendo che tutte le parti rispettino le leggi. Se li si aiuta e sostiene, le cose cambiano. E noi lo abbiamo visto nel concreto. Del resto anche il Papa lo ha detto chiaramente richiamando tutti al rispetto delle leggi, come primo passo del cammino.


[ Enrico Lenzi ]