Umanesimo di pace

La Chiesa e la convivenza tra i popoli

Nel 1920, Papa Benedetto emana un'enciclica, Pacem, Dei munus, che è la prima sulla pace, ben avanti quella di Giovanni XXIII, Pacem in terris, pubblicata nel 1963. La pace va costruita sulla concordia tra i popoli e su un giusto ordine internazionale - questo è il messaggio centrale del Papa che dice: «...l'umanità andrebbe incontro ai più gravi disastri, se, pur conclusa la pace, continuassero tra i popoli latenti ostilità e avversioni». E continua: «Quanto noi abbiamo qui ricordato ai singoli circa il dovere che essi hanno di praticare la carità, intendiamo che sia pure esteso a quei popoli che hanno combattuto la grande guerra, affinché rimossa, per quanto è possibile, ogni causa di dissidio - e salve naturalmente le ragioni di giustizia -, riprendano tra di loro relazioni amichevoli. Poiché non è affatto diversa la legge evangelica della carità tra gli individui da quella che deve esistere tra gli Stati e le nazioni... Dal momento poi che la guerra è cessata, non solo per motivi di carità, ma anche per una certa necessità delle cose, si va delineando un collegamento universale di popoli...».
Si riconosceva qui che i popoli e gli Stati avessero una personalità o soggettività: i loro rapporti andavano intesi - il Papa usa quest'espressione - nel quadro della "famiglia delle nazioni" (un termine che ritorna nel lessico e nel pensiero della Santa Sede fino a tempi recenti). Qui si pone il problema dell'atteggiamento della Santa Sede nei confronti dell'auspicata "Lega delle nazioni", su suggestione del presidente Wilson che sarebbe divenuta poi la Società delle Nazioni. C'è un passaggio dal favore cauto ma sincero di Benedetto XV, morto nel 1922 a un atteggiamento sempre più perplesso di Pio XI, che sottolinea come la Società delle Nazioni mancasse di quell'apporto universalista che solo la Chiesa poteva offrire.
Si sviluppa un pacifismo cattolico dopo il primo conflitto mondiale, su cui non ci si può diffondere, ma che è significativo della maturazione di un umanesimo che comincia a vedere il mondo in modo globale proprio a partire dall'esperienza del primo conflitto mondiale.
Gli anni del primo dopoguerra furono fervidi di iniziative pacifiste cattoliche, anche se talvolta di vita breve: la Lega cattolica internazionale, promossa da Steger, per coordinare i rapporti tra i cattolici nei vari Stati per cooperazione internazionale; il Katholiker Bund di padre Metzger, austriaco, che voleva sviluppare un movimento di pace e solidarietà con i colpiti della guerra nel mondo tedesco; World Esperanto Congress fondata a L'Aia nel 1920; l'Union Catholique d'études internationales, intesa a promuovere lo studio del diritto internazionale e la presenza dei cattolici nella società delle nazioni; nel 1921 fu fondata Pax Romana, che intendeva coinvolgere gli studenti di dodici paesi europei; nel 1921 don Sturzo e Marc Sagnier (già fondatore di una Ligue internationale des Sociétés catholiques pour la Paix) tennero due congressi, intesi a uniformare le visioni dei cattolici italiani e francesi in politica; infine il cardinale Mercier, grande attore dei colloqui ecumenici con gli anglicani ma non solo, promosse l'Union internationale d'études sociales, in cui gli studi sociali s'intrecciavano con l'internazionalismo.
Al di là dell'elenco un po' freddo, si deve notare la caratteristica generale, che riunisce queste iniziative, che mi pare essere quella del supporto all'ingresso dei cattolici nella Società delle nazioni e all'elaborazione di una cultura di pace attraverso il diritto internazionale.
Sulla scia di questa visione di pace si colloca la riflessione di don Sturzo, non solo fondatore del Partito popolare italiano ma anche grande sociologo e studioso di questioni internazionali: egli fu favorevole all'intervento dell'Italia in guerra ma, presto, ebbe ripensamenti e si orientò verso un'azione contro la guerra: «Io non sono mai stato e non sono pacifista nel senso corrente», dichiarò alla fine degli anni Trenta. Ma - come nota Giovagnoli - elaborò una coraggiosa visione di un percorso per l'abolizione della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti, anche se si trattasse di "guerra giusta" (e negava che per i cristiani esistessero guerre legittime).
Il realismo sturziano non è un vago utopismo pacifista: «Bisogna aver fede che... la guerra, come mezzo giuridico di tutela del diritto, dovrà essere abolita, così come legalmente furono abolite la poligamia, la schiavitù, la servitù della gleba e la vendetta di famiglia». Infatti «oggi però la guerra è arrivata a tale estensione tecnica e politica che è divenuta uno strumento sproporzionato alla difesa di ogni giusto diritto, tali e tanti sono i mali che ne vengono non solo ai combattenti ma a tutto il mondo...».
Unità dei cristiani, unità del genere umano e pace: sono temi che si ripropongono più volte nel mondo cristiano del Novecento. Il loro perseguimento trova il suo limite nella fatica ad uscire dai segmenti delle diverse identità cristiane, nonostante il radicale miglioramento dei rapporti. In qualche misura è l'immagine e la realtà che Giovanni Paolo II persegue ad Assisi nel 1986, che raccoglieva la diversità delle religioni, in una visione globale di pace. Un fatto unico nella storia del XX secolo, oltre che l'icona religiosa più popolare del Novecento. Per un critico del pontificato di Wojtyla, padre Balducci, l'incontro di Assisi "non fa numero con nessun altro", perché esprime un umanesimo planetario che parla di pace e convivenza. Non mi voglio addentrare in questo periodo così ricco e complesso, se non per sottolineare come anche Wojtyla avesse fatto una durissima esperienza della guerra in Polonia.

Infatti un approccio diretto, onesto, personale al dramma della guerra è condizione fondamentale, dopo il primo conflitto o il secondo, ieri e oggi, perché possa scaturire un vero umanesimo capace di porre le basi per una convivenza pacifica nella pluralità delle identità. Un umanesimo di pace, capace di coniugare le identità nazionali e di farle convivere in un quadro globale: ciò che oggi appare tanto necessario! Un umanesimo di pace parte dal riconoscimento dell'umanità del nemico, che diventa con la propria, con quella altrui, l'umanità del mondo.


[ Andrea Riccardi ]