Quella «forza debole» della diplomazia informale

Il libro sul «metodo Sant`Egidio»

Diplomazia informale attraverso quella «forza debole» che riesce ad arrivare laddove la diplomazia ufficiale spesso non riesce per "Fare pace". Più che un modello, quello messo in campo in molti Paesi del mondo negli ultimi cinquantuno anni dalla Comunità di Sant'Egidio è un metodo: tessere la trama del dialogo usando «il metodo Roncalli, cioè puntare su ciò che unisce piuttosto che su quello che divide».
Il fondatore dell'"Onu di Trastevere" Andrea Riccardi prova a riassumere così il perché del volume «Fare pace - La diplomazia di 
Sant'Egidio»; un manuale di buone esperienze, ma anche di alcuni insuccessi negli accordi di pace perché lavorare per la comunione tra i popoli «significa ricucire il mondo nel caos, e si fa spargendo gentilezza senza aspettare di ricevere qualcosa indietro».
Un libro che si fa «testimonianza, perché la pace è più necessaria che mai oggi», osserva l'arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della 
Santa Sede, nella presentazione del volume a Roma. Ma è ancor più «l'evoluzione del processo dell'arte di far pace. È una storia di fede, perseveranza e resistenza», visto che - ricorda - fare pace non è una soluzione permanente, «non c'è risultato finale» ma è un percorso che va continuamente alimentato.
Ed il pregio fondamentale dei tanti gradini di pace saliti dalla Comunità, secondo il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, è il saper puntare sulla
«centralità della persona» che ha portato Sant'Egidio a essere «sussidiarietà della diplomazia, non il suo doppione, perché punta sulle relazioni fra persone». Altra chiave del successo, aggiunge, è «la visione trascendente» con cui opera la Comunità, che considera «la pace come strumento per fare qualcosa di più».
Comunità che, gli fa eco l'ex premier Paolo Gentiloni, è riuscita a costruire «un'esperienza miracolosa», anche grazie al fatto che oltre alla professionalità c'è «l'essere considerati parte della Chiesa ed essere italiani». C'è però ancora tanto da fare, aggiunge. Quello di 
Sant'Egidio è «un modo di stare nella storia da cristiani - conclude il direttore dell'Espresso Marco Damilano - con il realismo di essere uomini e donne del proprio tempo»


[ Alessia Guerrieri ]