Che forza i "ragazzi" del XX secolo

C'è chi va nelle scuole per raccontare la sua esperienza di sopravvissuto a una strage nazista, chi insegna l'italiano ai migranti, chi si cura del proprio quartiere. Si scopre che molti ottantenni hanno una vita ancora attivissima

C'è Fiorella, che a 88 anni, insieme al "collega" Enzo, di 98, si dà da fare con i corsi di italiano per gli stranieri, c'è Ennio che a 80 non smette di girare nelle scuole per ricordare gli eccidi nazifascisti, e Dino, che a 88 porta i pasti ai senza fissa dimora. E ci sono Gloria, che tiene compagnia ai detenuti, Doris, che ha cambiato vita dopo aver scoperto le sue origini ebraiche, Franca, che va a parlare a chi, come ha fatto lei, deve lottare contro un tumore, e tanti altri ancora.
Ex ragazzi del secolo scorso, tutt'altro che usciti dalla storia, e ancora così pieni di sogni da aver voglia di investire sul futuro. Una sfida vivente alla società dello "scarto" e alla falsa cultura del "giovanilismo", la prova provata che senza l'esperienza, la memoria - e, in definitiva, la tenacia di vivere - di chi ci precede, non ci può essere un domani per nessuno.
Ed è proprio per contribuire al sovvertimento del nostro "normale" orizzonte di disvalori, evidente nello sfaldamento dei legami sociali, familiari, politici di cui soffrono le società occidentali, che la Comunità di Sant'Egidio ha chiamato in Palazzo Vecchio anziani da tutta Italia e dall'Europa a dare testimonianza della "forza" dei loro anni (al convegno intitolato La Forza degli anni - Senza sogni si invecchia davvero, venerdì 21, sabato 22 settembre, info [email protected]), raccontando tutto ciò che, nel loro piccolo, stanno in realtà facendo di "grande" per le loro famiglie, i loro quartieri, le loro città, i loro paesi, cioè per il mondo intero.
Mentre la speranza di vita si allunga (in Italia, per le donne è di quasi 85 anni, 82,8 in media), un invito a cambiare un intero paradigma culturale: «Le voci che ascolteremo al convegno non sono forse squillanti come un tempo», osserva Michele Brancale della Comunità di Sant'Egidio, uno degli organizzatori, «ma di certo non sono né deboli né rassegnate, anzi. Ascoltandole, si potrà verificare dal vivo di quanta forza e di quanta vitalità siano capaci, per aver maturato il gusto delle cose essenziali, proprio perché appartengono all'età "più lunga"». Al punto, dice Brancale, che "sia per quello che sono stati, che per quello che
continuano ad essere, gli anziani rappresentano una delle risorse decisive di una società che voglia dirsi davvero "civile", moderna e multicentrica, dove ognuno sia valorizzato per come è, e non in base a categorie sociali astratte, o al dominante "efficientismo".
Senza contare quanto sia difficile, oggi, "classificare" gli anziani, visto che alla cosiddetta terza età se ne è aggiunta (almeno) una quarta, e molti ottantenni hanno stili di vita che un tempo sarebbero appartenuti a quaranta-cinquantenni. Attenzione, comunque, avverte Francesca Fattorini, anche lei fra gli organizzatori del Convegno per la Comunità di Sant'Egidio, «a non semplificare la realtà: nessuno può pensare che invecchiare sia facile, e che aver molto vissuto non significhi, spesso, aver anche molto sofferto». Quel che conta, però, è di riuscire a riconciliarsi col proprio «percorso personale, di qualunque genere sia stato, per farne un tesoro di esperienza da condividere con gli altri». Un "salto", certo, ma per compiere il quale, sottolinea Fattorini, «purché gli anziani siano aiutati a entrare, o a rientrare, in un circuito di relazioni positive», non è mai troppo tardi.
Lo proveranno le testimonianze al convegno di Palazzo Vecchio, raggruppate per temi dai titoli decisamente significativi: La gioia: Una sfida senza età, Chi è davvero forte? Il coraggio della debolezza, Il Novecento: tesori e amarezze di un tempo che abbiamo vissuto, Invecchiare non è una malattia, ma un'arte.


[ Maria Cristina Carratù ]