La veglia. «L'Europa non rinneghi se stessa»

Ieri la preghiera ecumenica, promossa da diverse aggregazioni cattoliche, per i 2.677 migranti morti nell'ultimo anno. Semeraro: «La carità non chiede: "Tu chi sei?"»

Ci sono tanti modi di morire tentando di raggiungere l'Europa. Beauty, nigeriana di 31 armi per mancanza di cure durante il parto, mentre cercava di entrare in Francia da Bardonecchia. Il piccolo Jamil dalla Siria, e con loro 60 persone annegate nel Mar Egeo dopo l'affondamento del gommone colpito da anni da fuoco della guardia costiera. Yasuf, Elias e la piccola Shafia, mentre cercavano di attraversare il fiume Kolpa, al confine tra Slovenia e Croazia. Coulibaly e Omar del Mali di sete nel deserto del Niger. E l'elenco potrebbe continuare.
I loro nomi sono stati ricordati ieri nella Basilica di 
Santa Maria in Trastevere nel corso della Veglia di preghiera "Morire di speranza", presieduta dal vescovo di Albano e segretario del C9 (il gruppo di cardinali consiglieri del Papa per la riforma della Curia), Marcello Semeraro. «Facciamo memoria - è stato detto all'inizio della liturgia, mentre sull'altare veniva posta la croce di Lampedusa e si accendevano candele per ogni nome - dei 2.677 profughi che, dal giugno 2017 ad oggi, hanno perso la vita alla ricerca di un futuro migliore». Una cifra già di per sé spaventosa, che è però piccola parte dei 36.998 morti e dispersi dal 1990 ad oggi. E che viene integrata da altri numeri di morte. In tutto il 2017 le vittime sono state 3.139 (quasi 10 al giorno), mentre da gennaio ad oggi, nonostante la diminuzione degli sbarchi, siamo già a quota 800.
Cifre che, al di là di ogni considerazione, devono spingere a maggiore solidarietà. «Di fronte al grande paradosso del morire cercando la vita -ha detto Semeraro -dobbiamo ricordare che la carità, chiunque la faccia e a chiunque la si faccia, viene dallo Spirito Santo». «Il Figlio dell'uomo, infatti - ha aggiunto il vescovo - farà entrare nella vita eterna persone che hanno dato da mangiare e da bere, hanno curato, visitato e servito uomini e donne senza chiedere loro: "Tu chi sei?"».
Anche il neo vescovo ausiliare di Roma (sarà ordinato domenica), Gianpiero Palmieri, in un breve saluto iniziale a nome del vicario di Roma, l'arcivescovo Angelo De Donatis, ha sottolineato il dovere di accoglienza con «gesti e parole coraggiose».
Nel corso della veglia, però, si è pregato anche per i i vivi. In particolare perché «i volti, le storie dei rifugiati e dei migranti non siano cancellati dalla parole gridate», per quanti «stanno cercando di superare la barriera tra Messico e Usa» e perché «l'Europa non rinneghi se stessa e il suo umanesimo e apra nuovi corridoi umanitari».
Erano presenti, infatti, anche alcuni eritrei giunti con i corridoi aperti da 
Sant'Egidio (una analoga iniziativa è portata avanti dalla Cei) e diversi immigrati giunti dalla Nigeria e altre nazioni e ormai avviati all'integrazione.
La preghiera ha raccolto migliaia di fedeli in rappresentanza di Caritas, Migrantes e di varie aggregazioni cattoliche (Acli, Scalabriniani, Centro Astalli, Giovarmi XIII, 
Sant'Egidio) e di Chiese sorelle, evangeliche e ortodosse.


[ Mimmo Muolo ]