L'attualità di una preghiera per il bene dell'Italia

L'intervento

"Pro cuncris ora, sed plus pro rege labora": questa iscrizione latina si legge sotto l'icona musiva dell'Odigitria che sovrasta il portale d'ingresso della cattedrale di Monreale. Il re normanno Guglielmo II, che nel XII secolo aveva fatto costruire quella splendida basilica affidandola alle cure dei monaci benedettini, chiedeva alla Madonna di pregare per tutti i sudditi del regno e, ancor più, di «lavorare per il re», cioè di impegnarsi con la sua efficace intercessione per lui, per il buon esito del suo governo. Oggi, in Italia, difficilmente un governante, o un pubblico amministratore, o un politico con responsabilità istituzionali, potrebbe esprimersi così senza attirarsi le critiche dei paladini di una malintesa laicità. O senza scivolare nella strumentalizzazione clericale della preghiera e dell'atto di fede ch'essa significa, come chi nei comizi elettorali sta sul palco con la coroncina del rosario in mano, magari gridando contestualmente a destra e a manca minacce molto poco evangeliche. Eppure mi pare che ancor oggi resti necessaria la preghiera per il nostro Paese e per chi ci governa. Lo sa la liturgia ecclesiale, che spesso insiste nel far pregare i credenti con questa intenzione. E lo sa la Comunità di Sant'Egidio, che ha promosso - giovedì 7 giugno, a Roma, nella chiesa di S. Maria in Trastevere - una veglia di preghiera per l'Italia, presieduta dal cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Parlare di preghiera laica suona come un ossimoro e può valere solo in senso traslato. Ma parlare degli esiti laici di una preghiera per l'Italia si può e si deve. Il primo di questi esiti è il definitivo superamento della questione romana. Non che per la Chiesa italiana tale superamento non sia avvenuto già da tempo, peraltro in termini talvolta controversi: si pensi al lealismo che l'episcopato italiano dimostrò durante la Grande Guerra, oppure all'interpretazione che nel 1962 Giovan Battista Montini, allora arcivescovo di Milano, diede della "provvidenziale" breccia di Porta Pia, e ancora a ciò che i vescovi italiani scrissero in una bella pagina della loro nota pastorale del 1991 "Educare alla legalità": «La Chiesa italiana intende offrire un servizio alla società civile, con i contenuti e lo stile che le sono propri, perché i cristiani considerino lo Stato democratico non come una realtà estranea, ma come il luogo sociale e politico al quale appartengono a pieno titolo di cittadini». Ma sottolinearlo può servire per chiarire le idee a qualcuno che ancora reputa la Chiesa stessa come un corpo se non estraneo almeno superfluo per il nostro Paese.
Un secondo esito laico è quello segnalato da Bassetti nella sua meditazione durante la veglia: quella preghiera vuole proiettare chi la fa oltre ogni tipo di steccato confessionale, ma anche oltre ogni barriera ideologica e oltre ogni faziosità partigiana. Si tratta di una preghiera che immette i cristiani dentro la storia, spingendoli «fuori dalle sagrestie» - avrebbe detto papa Leone XIII ai tempi di don Luigi Sturzo - e provocandoli a farsi carico di chiunque ha bisogno, con lo spirito del samaritano, senza remore sacrali e senza discriminazioni di sorta. Una preghiera capace di esorcizzare la paura che induce a «pensare solo a sé, al proprio interesse, al proprio tornaconto» e a rinunciare «a trafficare i propri talenti per il bene comune del Paese».
Quest'ultimo è un vero e proprio appello rivolto da Bassetti ai cattolici sinora «chiusi nei loro ambienti» e finalmente richiamati alla fatica e alla responsabilità di «fare politica in democrazia». Ecco un altro importante esito laico della preghiera per l'Italia: fare politica rispettando la logica e le regole democratiche, avviando processi gravidi di futuro - e qui il cardinale ha citato ciò che papa Francesco insegna nell`"Evangelii gaudium" e nella "Laudato sì" - e non ipotecando spazi di potere.


[ Massimo Naro ]