L'imam di Al-Azhar prega al Bataclan. "Il terrorismo non ha patria né religione"

Al-Tayyib a sorpresa a Parigi: "L'Islam parli di integrazione"

Sotto un cielo opaco, malinconico, un vecchio musulmano ha reso omaggio alle vittime del Bataclan. Lui, il grande imam di Al-Azhar, la moschea del Cairo, la più alta autorità dell'Islam sunnita, è arrivato a Parigi, a sorpresa: una trasferta decisa in pochi giorni. E ieri, a metà giornata, ha chiesto di essere portato lì: davanti alle transenne che ancora racchiudono la sala concerti da quel 13 novembre 2015, la sera dell'eccidio.
Ahmad Muhammad alTayyib ha voluto pregare, a modo suo: «Il terrorismo non ha patria, né fede, né religione». Ha pronunciato quelle parole, mentre il traffico, accanto a lui, scorreva indifferente: qualche ambulanza lanciata a sirene spiegate, tutti a inseguire la loro vita. Imperterrito, l'imam ha ricordato quei giovani uccisi. E non importa se, mentre i kalashnikov cominciarono a suonare, loro intonassero «Kiss the devil», la canzone degli Eagles of Death Metal.
«Ho sofferto per le vittime e per i loro familiari - ha continuato -, per i loro amici. Ma la mia speranza è grande che il popolo francese, libero e pacifico e così aperto alla vita, riesca a superare questo dramma». Commosso, dignitoso, lo sguardo perfino sereno. Poi, ha lasciato scivolare sulle ghirlande di fiori colorati il biglietto bianco, dove aveva scritto a mano quelle poche frasi.
Lunedì a Roma aveva incontrato Papa Francesco e la foto del loro abbraccio ha fatto il giro del mondo. Ma al-Tayyib ha preteso di venire anche a Parigi, città vittima del terrorismo islamico. Quella dove lui, da giovane, studiò teologia e filosofia, alla Sorbona. «Era la fine degli Anni 80 - ha raccontato lì, dinanzi al Bataclan - e potei professare la mia religione senza problemi, senza che nessuno me lo impedisse. Mi sono sentito musulmano fino in fondo, integro, senza entrare in contrasto con la legge di questo Paese».
Proprio ieri l'ennesima moschea salafita è stata chiusa in Francia, a Le Bourget, nella periferia Nord di Parigi. «Voglio esortare - ha detto il grande imam - i nostri fedeli e predicatori in Europa a seminare l'Islam che ci è stato insegnato: quello che rispetta l'individualità». Per poi aggiungere: «Se qui certe leggi impongono ai musulmani di fare qualcosa che si oppone davvero alla loro religione, devono ricorrere alle vie giuridiche, che permettono di far valere i propri diritti». E andato oltre, con un monito ben preciso: «La fatwa deve adattarsi ai tempi, ai luoghi, alle circostanze. E noi imam dobbiamo rinnovare il nostro discorso, parlando di integrazione e coesistenza positive».
Ovunque al-Tayyib era accompagnato da Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio, vero artefice del tour europeo del leader religioso sunnita. La comunità ha organizzato un convegno a Parigi, al quale hanno partecipato alTayyib e altri «saggi dell'Oriente e dell'Occidente». Ali Al Nuaimi, segretario generale del Consiglio dei saggi musulmani degli Emirati Arabi Uniti, riguardo all'incontro fra il grande imam e Papa Francesco ha detto che «sarebbe dovuto avvenire già molto prima».
In effetti, ha messo fine al gelo che dominava le relazioni tra il Vaticano e la moschea di AlAzhar dai tempi di Ratzinger. Ma ieri il tempo non era quello delle polemiche, neppure quelle che toccano da vicino al-Tayyib in patria, per la sua vicinanza al regime di Al Sisi, in funzione anti-Fratelli musulmani. Ieri c'era voglia di riconciliazione. E basta. L'imam egiziano ha perfino avuto parole di elogio per la rivoluzione francese, «che ha liberato l'Europa dalle sue catene e ha espresso una filosofia della libertà e della civiltà». Per poi chiudere il suo discorso così: «Il musulmano è il fratello del non musulmano». Prima di andare a incontrare Hollande all'Eliseo.


[ Leonardo Martinelli ]