«Nella vita ci si deve schierare. Noi siamo con chi apre le porte»

A Frosinone Mario Morcone, capo del Dipartimento per l'Immigrazione
Conferenza con il vescovo Ambrogio Spreafico per parlare dell'impegno dell'Italia e dell'Europa nell'accoglienza ai migranti

«C'è questa tendenza a voler dividere per forza i rifugiati dai migranti economici. In realtà si tratta di storie individuali di persone. Non esistono categorie e nazionalità a cui spetta la protezione di un Paese o un calcio nel sedere. Se veramente siamo rispettosi dei diritti è necessario considerare storia per storia».
Lo dice senza esitazioni e nemmeno troppi fronzoli Mario Morcone, capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione presso il Ministero dell'Interno e che ieri pomeriggio era all'auditorium San Paolo di Frosinone, ospite della Diocesi, per parlare dell'impegno dell'Italia e dell'Europa nell'accoglienza ai migranti.
Storie, non numeri. E il prefetto Morcone ne cita infatti giusto alcuni. Il necessario per inquadrare situazioni e complessità di gestione. Richiama ai 107.000 immigrati attualmente presenti in Italia e di come questi siano distribuiti equamente sul territorio nazionale grazie allo storico accordo siglato nel luglio del 2014 tra Stato, Regioni e Anci, l'associazione che mette insieme i Comuni.
Un esempio su tutti? Prima la Sicilia accoglieva il 22 per cento dei migranti a fronte del 3 del Veneto. Ora siamo più o meno sulle stesse percentuali. «Abbiamo messo in pratica quello che in Europa non è stato fatto», aggiunge con un fare risoluto che poco ha a che vedere con la diplomazia inconcludente (a fronte di una essenziale) e molto con la determinazione della praticità.
La sua non è una conferenza di numeri e statistiche, ma una serie di riflessioni e considerazioni partendo dal fatto che la stella polare, nonostante un quadro mondiale complessivo sempre più difficile e complicato, debba comunque rimanere quella del rispetto dei diritti e della dignità delle persone. Il punto vero è questo. Forse una banalità agli occhi di chi fa statistica tout court e una debolezza allo sguardo dei più cinici, ma la questione parte da qui e non può che essere vista da questo punto di vista. Storie che implicano nomi, cognomi, stati familiari, difficoltà, esperienze, drammi, speranze. Storie di uomini, donne e bambini.
L'incontro, moderato dal direttore della Caritas Marco Toti e alla presenza del vescovo Ambrogio Spreafico, si apre con un breve video sui corridoi umanitari, l'éscamotage studiato da Comunità di Sant'Egidio, Chiesa Valdese e Chiesa Evangelica, oltre che dai ministeri dell'Interno e degli Esteri, per consentire a chi fugge da guerra e violenza di farlo in sicurezza. Senza rischiare la morte in mare o sui camion degli orrori. «C'è la sofferenza di tanta gente e solo la ricerca del necessario per vivere», commenta il vescovo Ambrogio ricordando in un secondo momento - e stavolta i numeri sono davvero necessari - come gli immigrati siano una risorsa in quanto a Pil e gettito contributivo.
Il suo è un giudizio, che poi sarà ripreso dallo stesso Morcone. «Dobbiamo essere orgogliosi di un Paese che salva vite umane rispetto ad altri che chiudono le loro frontiere. Nelle difficoltà chi si chiude perde». Mario Morcone fa un quadro sintetico ma esaustivo di situazioni 'in ebollizione' in troppe zone del mondo. Per guerra, violenza, povertà, mancanza assoluta di diritti. Cita 'Mare nostrum' - «in Europa ci dicevano che facevamo i tassisti ai migranti» - e ripete senza peli sulla lingua come l'Europa non abbia saputo capire in tempo e non abbia trovato una politica condivisa.
«Certo c'era l' Agenda Juncher, con la quale tutti i Paesi avrebbero dovuto farsi carico di una quota di migranti, ma poi ci sono state delle frenate e purtroppo i barbari assassini di Parigi che hanno complicato le cose». E a questo punto che il prefetto invita a una riflessione portando il dibattito, a suo stesso dire, non più su un piano istituzionale ma di valutazione e ragionamento. Ed è una riflessione dura ma ferma nella sua posizione. «Quando abbiamo sentito dire di malattie o delle stupidaggini di un'invasione o della scabbia, che non è niente altro che un'infezione della pelle ancora esistente nelle nostre campagne... ecco, tutto questo è semplicemente un meccanismo di amplificazione della paura. Un meccanismo odioso rispetto a malattie che non ci sono state ed ora spostato al panico da terrorismo. Perché dire che tra la povera gente che arriva in gommone si annidino i terroristi è solo funzionale a un interesse politico che sto facendo fatica a rispettare».
Parla ancora dell'Europa Morcone, anche alla luce della discussione in programma oggi a Bruxelles sull'accordo con la Turchia. Parla di un'Europa fatta di Paesi a cui è stato dato molto (soprattutto quelli dell'Est) e che ora creano problemi rispetto all'accoglienza e di un'Europa «che deve riscoprire un sentimento comune che valorizzi gli ideali su cui si è fondata. L'Italia sta facendo la sua parte meglio di altri. Certo ci sono tanti punti di opacità in un sistema che va monitorato, soprattutto rispetto agli affaristi che si stanno insinuando in questo sistema di impresa sociale. Ma dobbiamo essere orgogliosi di essere persone perbene».
Si torna al principio. Alle storie, alle persone. A una filosofia che guarda in una direzione o nell'altra. Anche il vescovo Spreafico, in questo, è risoluto. «Essere qui vuol dire schierarsi da una parte, perché nella vita non si può stare sempre in mezzo. Ci si deve schierare. E noi siamo dalla parte di chi apre le porte».


[ Laura Collinoli ]