Giovedì Santo. Messa nella Cena del Signore presieduta da don Marco Gnavi. VIDEO E OMELIA

Giovedì Santo: Messa nella Cena del Signore. Omelia di don Marco Gnavi

Care sorelle e cari fratelli.
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Così il Vangelo di Giovanni ci introduce, insieme agli apostoli, nella cena, l’ultima insieme ai discepoli prima del suo arresto. A questa cena siamo giunti pieni di domande brucianti. Chi ha lottato con se stesso nel tempo della Quaresima sa più di prima di essere bisognoso di perdono; chi almeno un poco partecipa al dolore del mondo, noi tutti, è affranto per il conflitto in Ucraina, per la guerra, per le ferite inferte agli innocenti; chi vorrebbe un futuro migliore per i propri figli, intorno a sé vede ancora tanta, tanta oscurità; chi è fragile cerca un abbraccio di misericordia e di speranza. E noi tutti, come gli apostoli, se cerchiamo la luce la troviamo in questo giorno santo, nel cenacolo. Perché Gesù è la luce che viene nel cuore del conflitto che viene tra la vita e la morte, che scende nei cuori di ciascuno e che irrompe nella notte.
Sapendo che aveva ricevuto tutto da Dio e a Dio ritornava, nel cuore della cena e non all’inizio, com’era abitudine fare – arrivava un ospite, gli si lavavano i piedi prima di mangiare – ma nel cuore della cena, Gesù si alzò dalla tavola e fece quello che fanno solo gli schiavi, e nemmeno gli schiavi ebrei. Prese un asciugatoio, se lo cinse intorno alla vita, poi versò dell’acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi ai discepoli.
Il maestro lava i piedi ai discepoli perché imparino da lui ad amarsi gli uni gli altri in modo nuovo, coraggioso, umile, nell’abbassamento, disarmando i propri cuori. Amare da servi e non da padroni, amare da amici, liberi da tutti i suggerimenti del male. Perché quando ci si abbassa fugge l’invidia, fugge la gelosia, fugge il giudizio. E in questo atteggiamento di sottomissione al bene dell’altro, che è fatto cura di servizio e di amore, si trova la nostra felicità.
I piedi, segnati dalla polvere, dicono senza finzione la fatica di camminare, non hanno espressione ma verità. Dicono il bisogno di essere accuditi e purificati dall’amicizia che fa cadere barriere e distanze. Per questo Pietro si scandalizza, per il suo orgoglio. Signore, tu lavi i piedi a me?
Quell’orgoglio ce lo troviamo tutti dentro, la vergogna di farsi trovare deboli, bisognosi. Ancora, è credere che il Signore non conosca tutto di noi. Gesù, invece, legge nell’animo di Pietro e nel nostro il timore di essere coinvolti in quest’amore che non si vergogna di abbassarsi. Un amore più grande che ci porterà e ci può portare lontano.
Ci vergogniamo come se Gesù giudicasse noi allo stesso modo con il quale giudichiamo gli altri. E così: Non mi laverai i piedi in eterno. Replica Pietro che comincia ad arrendersi di fronte a un gesto tanto sorprendente. Si, va bene, un gesto, una volta ma non sempre, non in eterno. Invece Gesù, con la sua vita e con quel gesto, spiega ciò che è la sua esistenza e potrà essere la nostra: guardare gli altri sempre, ogni giorno, senza scandalizzarci, amando la loro debolezza, ravvivando in gesti di tenerezza, amore audace, la loro dignità.
Alcuni di noi, nei giorni passati, amici di un uomo dai piedi feriti e sporchi perché senza casa, lo hanno persuaso con pazienza a farsi curare, aprendolo alla speranza di una vita dura e lo hanno scoperto, però, più ricco di loro: custodiva, come il tesoro più grande, la Bibbia che aveva ricevuto qui a Santa Maria e citava la Bibbia come noi citiamo la nostra sapienza. La lotta per lavargli i piedi ha iniziato a guarire lui, ma inizia sempre a guarire chi si china.
Il mondo nuovo inizia qui, resiste alla violenza. Penso ai nostri fratelli e sorelle a Kiev, a Kharchiv, a Leopoli, a Ivano Frankivsk. Continuano ad aiutare, a soccorrere i più deboli, trovando, anche in queste ore difficilissime, in questo amore, nella lavanda dei piedi, la forza interiore e la vittoria sulle paure. Penso alle tante donne, che nella passione scopriremo sempre più vicine degli uomini al Signore Gesù.
Arrendiamoci, come Pietro, a Gesù. Non arrendiamoci, come ha fatto tragicamente Giuda, al male credendo di non poter essere salvato. Ma anche pensando a Giuda, a cui Dio ha lavato i piedi, torna alla mente la preghiera sulla croce, che forse abbraccia anche lui: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Gesù ci lava i piedi, perché lavandoci ci consegna un senso, una missione e sa che in questa Pasqua eccezionale, perché è una Pasqua eccezionale, capiremo.
Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il maestro, ho lavato i piedi a voi anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. E vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.
Fare quello che ha fatto Gesù. Certo, ci spaventa a prospettiva della sofferenza dell’amore che può portare anche alla morte, ma fare quello che ha fatto Gesù, cominciando dai piedi degli altri e lasciandoci perdonare, amare e accudire da Gesù e dai fratelli, è l’inizio della salvezza. E’ un esercizio che, a partire dal Giovedì santo, possiamo compiere ogni giorno. Sono gesti sacri, anche se umili, come sacro è il corpo vivo del Signore, che venereremo nel silenzio questa notte. Un corpo totalmente offerto, in cui non c’è nemmeno una goccia, una traccia di peccato e di male.
È un pane che nutrirà il desiderio del regno di Dio e farà spazio al regno di Dio se ci troverà, a partire dalla cena con il Signore, disponibili a imitarlo e a fare come lui.
Simbolicamente la lavanda che compiremo ora è l’altare. Lavanda e altare sono vicini e attorno a questo altare ci sono madri, bambini, fragili, rifugiati dalla Siria, dall’Eritrea, anziani, poveri. Dodici, ricevono il segno del mondo nuovo di cui Gesù ci fa eredi, non da servi ma da amici.
Chiediamo al Signore che la nostra vita, che la vita della Chiesa, che la vita del mondo rinasca da qui e da questo mistero grande di amore, di morte ma anche di resurrezione. Amen.
 

 

La preghiera con la Comunità di Sant’Egidio è trasmessa in live streaming su sito, Facebook e YouTube

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