Liturgia delle Palme presieduta da mons. Vincenzo Paglia. VIDEO E OMELIA

Omelia di mons. Vincenzo Paglia per la liturgia della Domenica delle Palme

Care sorelle e cari fratelli,
questa santa liturgia ci fa entrare nella settimana della passione, morte e resurrezione di Gesù. Egli, giunto al termine del lungo viaggio iniziato in Galilea, entra in Gerusalemme accompagnato dai discepoli e da una folla festante. Gesù, solo lui, sa che è giunta la sua ora, quella di passare da questo mondo al Padre, un passaggio anche drammatico.

Lo aveva detto qualche giorno prima: non è possibile che un profeta muoia fuori da Gerusalemme, e piangendo sulla città disse: Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia i suoi pulcini sotto le sue ali e voi non avete voluto, ecco la vostra casa è abbandonata a voi.

Oggi, Gerusalemme, la casa abbandonata e devastata, è l’Ucraina, lo abbiamo sentito, colpita da una guerra che aggiunge efferatezze ad efferatezze, con milioni di profughi, dentro e fuori, in attesa di tornare nelle loro case in un futuro che si fa sempre più lontano. Gerusalemme sono anche gli altri paesi che sono stati o sono ancora lacerati dai conflitti, sono i luoghi dove è cresciuta la povertà, l’abbandono e anche lì dove la pandemia continua ancora a colpire.

È in questa Gerusalemme del mondo che oggi il Signore entra, ma entra come un re mite, umile, seduto su un puledro d’asina, per sconfiggere il male e instaurare il suo regno di amore. Noi, come discepoli qui e nel mondo, lo accompagniamo benedicendo la sua venuta. Abbiamo iniziato così la santa liturgia di questa sera: Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace nel cielo e gloria nel più alto dei cieli.
Lo abbiamo fatto agitando i rami di ulivo e lo facciamo stendendo come possiamo i mantelli della misericordia e della compassione, per sollevare i colpiti dalla guerra, i profughi, i malati, piccoli e grandi come quelli che abbiamo accolti, salvati non dalle bombe ma dalla mancanza di medicinali.
La liturgia di questo giorno ci fa passare subito dal vangelo dell’ingresso a quello della passione, come a legare insieme sin da subito questi due momenti dell’ultima settimana di Gesù. In pochi giorni tutto è cambiato, anche i discepoli. E’ bastato davvero poco per loro perché lasciassero il Signore da solo.

Sappiamo quanto le divisioni e i silenzi tra i cristiani siano amari, colpevoli e persino complici. C’è poi la folla, in pochi giorni è passata dall’”osanna” dell’ingresso al “crocifiggilo” del venerdì. Così come, si potrebbe dire, sono bastati pochissimi giorni da quando è iniziata la guerra perché i popoli scegliessero le armi come soluzione unica per risolvere le tensioni. E gli orrori di questa scelta sono già davanti ai nostri occhi.
Gesù, sorelle e fratelli, è l’unico che in questi giorni è restato saldo. Entra in Gerusalemme con amore, con un amore mite per sconfiggere il male e la sua forza distruttiva. E continua così, con la sua mitezza, sin sulla croce, mostrando il suo volto pieno di misericordia. In un mondo irretito dalla forza bruta della guerra che continua a seminare morte, e altro non può fare, pensando così di salvare se stessi e la propria causa, l’unico con il volto mite, disarmato, privo di ogni violenza, è Gesù. Egli continua ad amare gli altri più di se stesso. E’ questo l’amore che salva, l’amore di cui tutti abbiamo bisogno e, oggi soprattutto, tutti ne abbiamo bisogno, tutta la terra colpita dalla guerra.
La Comunità, come quelle donne che hanno seguito Gesù, ci raccoglie e ci conduce accanto al Signore, perché a nostra volta possiamo accogliere nei nostri cuori almeno una goccia di quel suo amore. Lasciamoci attrarre ancor più per legarci al suo disegno di amore. In questi giorni la contemplazione del suo volto ci spingerà ad amare ancor più i colpiti dalla guerra e da ogni conflitto, a farci prossimi dei poveri e dei deboli e a stare accanto a tutti per crescere nell’amore.

Care sorelle e cari fratelli,
teniamo fissi i nostri occhi su Gesù, cresceremo nell’amore e nell’unità tra tutti noi, come un cuor solo e un’anima sola con quell’amore di Gesù. E da lui riceveremo la forza per traversare l’assurdità di questo tempo aiutando a togliere i pesi che schiacciano e a scorgere così i segni della resurrezione di un mondo nuovo, più fraterno e più solidale.
 

 

La preghiera con la Comunità di Sant’Egidio è trasmessa in live streaming su sito e Facebook 

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