Omelia del card. José Tolentino Mendonça nella II Domenica di Avvento

Liturgia eucaristica in Santa Maria in Trastevere II Domenica di Avvento (video)
Omelia del cardinale José Tolentino Mendonça

Baruc 5,1-9
Salmo 125 (126)
Filippesi 1,4-6.8-11

Luca 3,1-6

Cari fratelli e sorelle,

L'oracolo di Baruc che abbiamo ascoltato ci presenta un'immagine topografica. E’ come un grande movimento di terre. Una decisiva trasformazione che fa appiattire le montagne, togliere quota alle colline, appianare la valle stessa. Cioè: si trasforma la fisionomia della terra come la conosciamo noi. E a quale motivo? In modo che ogni carne possa vedere la salvezza di Dio.
Dietro l'oracolo c'è l'importante convinzione che la Salvezza di Dio si vede, e che tutti la possono effettivamente vedere. L'organizzazione del mondo e della vita come la troviamo oggi, fuori e dentro di noi, non è una fatalità davanti alla quale niente si può fare. Anzi. L'annuncio dell'Avvento è l'annuncio di questa svolta, di questa convinzione avventizia che ci dice che è possibile vedere la Salvezza di Dio. Si - ascoltate, ascoltiamo tutti - è possibile. Montagne, colline, abissi, barriere, muri, veli, quello che sia. Vengono detti superabili. Ogni creatura è chiamata a vedere, assaporare, sperimentare nella propria carne la Salvezza di Dio.

Per quello tutti noi siamo chiamati ad attivare imperativi profetici: Preparare, appiattire, raddrizzare.
Questi verbi comportano un rifare, l'impegno in una riconfigurazione della esistenza, della realtà che quotidianamente, che collettivamente costruiamo. Pertanto, c'è una riconfigurazione che il Natale ci chiede. Cioè: la storia è chiamata a riconfigurarsi, ad assumere una nuova forma, a inventarsi un'alternativa di speranza: questa è la sfida che ci lascia l'Avvento. Riprendo la frase del Santo Padre, parlando venerdì scorso alla Cattedrale Ortodossa a Nicosia: «Non lasciamoci paralizzare dal timore di aprirci e di compiere gesti audaci». L'Avvento è una stagione audace che deve essere vissuta da un popolo audace!

Avvento non è confermare: è fare leva, riconfigurare, trasformare in chiave evangelica la forma del tempo in cui viviamo.
Nel modo in cui l'Evangelista San Luca narra la storia si compie un salto curioso e certamente molto significativo. Si parte dal mero discorso di contestualizzazione storica: al tempo di Tiberio, di Pilato, di Erode, di Filippo, di Lisània, di Anna e Càifa, per annunciare che nel deserto apparve Giovanni Battista. Cioè: nel tempo dei re, nel tempo del mondo formattato con l'autorità dei potenti, nel tempo delle grandi città e metropoli, l'azione di Dio appare come un'opera realizzata nel deserto. Cioè: il gesto di Dio sta chiaramente in alternativa, come un'altra logica, altro tòpos, altra grammatica. In un mondo catturato per la logica rumorosa dei potenti, siamo condotti all'ascolto della «voce di uno che grida nel deserto». In un'epoca che sembra conformarsi all'asimmetrie e diseguaglianze, si fa il più bell'elogio della fratellanza dicendo: «Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

L'avvento è impegnarsi a plasmare questa realtà nuova. Ogni Natale il mondo viene tirato fuori dai suoi esili, perché il Signore ci fa tornare. Infatti, Colui che viene, Colui che nasce nella mangiatoia, questo Dio fatto uomo salva la vita di tutti dai loro esili, dalle loro prigioni. Il mondo che Gesù viene a salvare è precisamente questo mondo estenuato e disperso. «Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia» - è la promessa oggi ricordata. Dobbiamo lasciarsi ricondurre da Dio stesso.

«Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio». Ci guadagneremmo molto a capire perché le letture bibliche del tempo di Avvento e del Natale insistono sulla dimensione visiva. Nei vediamo Dio stesso, il Dio trascendente, farsi prossimo. In effetti il Natale è l'anti-astrazione, è l'opposto delle vaghe generalizzazioni. Ognuno di noi, con le domande che sono le sue, con la serenità o il subbuglio che si porta dentro, con la situazione concreta di vita che sperimenta: è chiamato a vedere Dio. È sfidato a contemplarlo in quel Dio con noi, in quel nascituro in carne e ossa, in quel Figlio che ci è stato dato. In Gesù di Nazaret, Dio non viene in un modo indefinito: egli viene incontro a me, a te, a ogni essere umano, dandoci nella fede la possibilità di diventare figli di Dio (Gv 1, 12) e fratelli uni degli altri.

«Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio». L'universalità della Salvezza è anche qualcosa di cui siamo responsabili, è·un impegno che dobbiamo custodire e attivare. Ci ha ricordato Papa Francesco nella Visita Apostolica a Cipro, dicendo: «Nessuno dev'essere lasciato solo... Tutti devono sentirsi responsabili, perché tutti sono, in realtà responsabili», L'avvento è assumere, sia in modo personale, sia in modo comunitario, la nostra fondamentale responsabilità.

Maria, Madre dell'avvento, ci ispiri nuovi e profetici percorsi generativi, ci illumini con l'audacia di quelli e quelle chi hanno creduto alla Parola del Signore.