L'Hub di Sant’Egidio nel cuore di Roma. Anche gli invisibili cercano protezione contro la pandemia

Videointervista a Daniela Pompei nell'articolo di Domani

Nel cuore di Roma, a Trastevere, tra i vicoletti storici e le case basse ricoperte di edera, la comunità di Sant'Egidio rende visibili gli invisibili. Dal 6 luglio, infatti, nello stabile che un tempo era l'ospedale San Gallicano, decine di operatori della comunità che dal 1968 si occupa di fornire assistenza alle persone in difficoltà, con l'aiuto di infermieri e medici volontari dell'Azienda sanitaria locale (Asl), somministrano il vaccino contro il Covid-19 a chi è sprovvisto di documenti. «È una cosa che facevamo ben prima dell'emergenza sanitaria, perché queste persone i problemi di salute ce li avevano anche prima e senza documenti è complicato accedere alle cure», spiega Daniela Pompei, responsabile dell'hub. Quando a metà maggio nel paese ha iniziato a emergere il problema di vaccinare i migranti residenti sul territorio italiano, diverse organizzazioni non governative hanno cercato un confronto con il ministero della Salute. Nel caso di Sant'Egidio è stata fondamentale l'apertura mostrata dal generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario all'emergenza sanitaria, il quale dopo un primo confronto con i referenti dell'associazione ha deciso di proporre l'attivazione del servizio, chiedendo prima se avessero la possibilità di farlo. «Avevamo la possibilità di avere questo bellissimo spazio, dove avevamo già avviato i lavori di ristrutturazione. Vedendo che era quasi pronto, ci siamo organizzati e abbiamo iniziato questa avventura», racconta Pompei. All'ex San Gallicano c'è posto per tutti: persone senza fissa dimora, migranti, studenti, ma anche tanti italiani. «Il nostro lavoro è stato intercettare chi non riusciva ad accedere alla prenotazione, una problematica concreta». Grazie alla collaborazione con i medici dell'Asl, infatti, è possibile attivare il codice di Straniero temporaneamente presente (Stp) o Europeo non iscritto (Eni),valido per le persone straniere prive del permesso di soggiorno e per i cittadini comunitari privi dell'iscrizione anagrafica, con cui è possibile effettuare la prenotazione. In Italia, secondo i dati forniti dall'Istituto nazionale salute, migrazioni e povertà (Inmp), sono oltre 700mi1a gli stranieri immigrati da paesi extra europei che hanno diritto alla vaccinazione, ma non sono riconosciuti dalle piattaforme regionali. A questi si sommano i più fragili, senza dimora o anziani in difficoltà. Molti di loro, spiega Pompei, sono ultrasessantenni italiani che da anni hanno smarrito la tessera sanitaria e non sanno come richiederne una nuova, perché soli. «Molti abbiamo dovuto convincerli, soprattutto nel caso di persone senza fissa dimora o anziani un po' scettici. Abbiamo perlomeno provato a spiegare l'importanza di vaccinarsi».

Oltre le aspettative, l'hub messo in piedi dall'associazione Sant'Egidio è unico nel suo genere. Sono poche le Asl dei municipi romani che hanno sporadicamente vaccinato chi era senza documenti. Anche nel resto d'Italia, l'unico momento in cui si è riusciti a bypassare il sistema delle prenotazioni online, è stato quello degli open day. A Trastevere, invece, si vaccina in maniera continuativa, due volte a settimana, il martedì e il giovedì. «All'inizio arrivavamo a 300-350 somministrazioni a settimana. Adesso la domanda è aumentata e superiamo anche le 650 persone in due giorni», prosegue Pompei. In un mese sono state vaccinate già 2.500 persone. L'organizzazione è stata pensata nei minimi dettagli. Prima di varcare il cancello d'ingresso, un operatore attende i prenotati con la lista dei nominativi per verificare la regolarità della prenotazione. Nel piazzale antistante l'entrata, ci sono due gazebo: i prenotati si dividono fra chi deve ricevere la prima dose e chi il richiamo. Un altro operatore chiama i numeri in ordine di attesa. Si entra, e ci si mette in fila. Lo spazio è vasto, diviso in quattro settori: l'accettazione, dove viene consegnato il modulo di consenso, tradotto in tutte le lingue, dall'inglese all'arabo grazie all'aiuto dei volontari. Il secondo settore è riservato all'anamnesi, anche qui, ci si divide in base alla dose da ricevere. «Abbiamo deciso di dedicare molto tempo ai triage. I moduli vengono letti, compilati e firmati solo alla presenza del medico. Molti di loro non ne hanno mai visto uno in Italia, quindi è obbligatorio approfondire e fare tutte le domande del caso, anche per decidere quale tipo di vaccino somministrare». Al San Gallicano i vaccini disponibili sono due, Moderna e Johnson & Johnson. Completata l'anamnesi, uno dei due medici volontari chiama i pazienti e somministra i vaccini: a sinistra si riceverà Johnson, a destra, Moderna, riservato in particolare alle donne. Giovanni Guidotti è uno dei medici volontari, un internista specializzato in malattie infettive: «Per me significa molto essere qui, a livello professionale, ma soprattutto personale. Chi viene rimane sorpreso dalla possibilità che ha, il fatto di poter avere poi il green pass permetterà loro anche di lavorare. È come farli entrare nella società», spiega Guidotti. Nella parte finale della sala, ci si accomoda per i 15 minuti di osservazione obbligatoria dopo l'inoculazione. Trascorso il tempo necessario, un infermiere dà a ciascuno una cartellina blu con dentro una guida su cosa fare in caso di malessere (anche questa tradotta in più lingue) e due tachipirine. La raccomandazione è di prenderla solo in caso di febbre o dolori molto forti. «Quello che siamo riusciti a fare vuol dire solo una cosa: offrire la buona salute è possibile, per tutti».
 

Video intervista a Daniela Pompei