In questi giorni, dopo la presentazione dell'Inchiesta condotta dalla Comunità su un campione nazionale di RSA e strutture residenzali nel tempo del Covid si sta sviluppando un dibattito sul tema degli anziani e delle persone con disabilità istituzionalizzate in Italia.
Come è noto, infatti, la pandemia ha colpito soprattutto gli anziani ricoverati in queste strutture (si contano circa 19.500 decessi in un anno). E anche per coloro che sono scampati al contagio, la vita in RSA o in Casa di Riposo si è fatta durissima, a causa del prolungato isolamento. Anche dopo la somministrazione dei vaccini, in molte strutture per anziani - e altrettanto si può dire per le strutture per i disabili, in alcune delle quali la situazione è perfino più grave - siamo ancora in presenza di un’eterna “zona rossa”.
Alcune cifre - richiamate da Mons.Vincenzo Paglia in una recente intervista al Corriere della Sera - aiutano a capire: « Per le Rsa, lo Stato — sistema sanitario, Comuni e pazienti, ognuno per la sua parte — spende circa 12 miliardi all’anno. Mentre per l’assistenza domiciliare sociale, sanitaria e integrata non arriviamo a 2 miliardi, sei volte di meno. Ma gli anziani sopra i 75 anni con disabilità o problemi motori sono 2 milioni e 700 mila e, di questi, un milione e 200 mila non ha aiuto adeguato. C’è una discriminazione lampante, considerato che nelle Rsa ci sono 280 mila persone, senza considerare il sommerso. Finire in una casa di riposo è facilissimo, mentre è difficilissimo ottenere un aiuto per rimanere a casa. Ecco perché c’è bisogno di una riforma».
UNA BREVE RASSEGNA STAMPA
La7