"Dalla Parola di Dio sgorga una forza di unità che unisce i credenti in un solo popolo". L'omelia di mons. Vincenzo Paglia per la Domenica della Parola di Dio

Giona 3,1-5.10 
Salmo 24 (25)
I Corinzi 7,29-31
Marco 1,14-20

Celebriamo oggi la Festa della Parola. Una festa che sentiamo particolarmente vicina alla nostra Comunità, sino a toccarne le radici: dalla Parola di Dio la Comunità è nata e da essa è sostenuta ogni giorno. Ognuno di noi è stato generato nella Comunità ricevendo il libro della Bibbia – la propria Bibbia personale - perché fosse il nutrimento quotidiano personale e comune nello stesso tempo.

Davvero il “nostro pane quotidiano”, come recitiamo nella preghiera del Padre Nostro. E questa sera al termine della liturgia chiederemo a Dio la benedizione tenendo la piccola Bibbia nelle nostre mani alzate perché quelle sante pagine continuino ad essere luce per i nostri passi e nutrimento per i nostri pensieri. Era quel che il Concilio Vaticano II aveva auspicato: la Bibbia doveva tornare nelle mani dei fedeli, di ciascun fedele e nella propria lingua. E tutti, uomini e donne, dovevano anche comunicarla al mondo. Nella chiesa di sant’Egidio i due altari – quello della Parola di Dio con le Bibbie nelle diverse lingue e quello dei poveri con le numerose croci provenienti dai luoghi di dolore – l’uno di fronte all’altro, continuano ad insegnarci la fedeltà a questi culti inseparabili, a questi due amori indispensabili: l’amore per la Bibbia e l’amore per i poveri. E non a caso Papa Francesco, oltre alla festa della Parola di Dio ha istituito la festa dei Poveri che si celebra alla fine dell’anno liturgico nella domenica che precede la festa di Cristo, Re dell’universo.
Questa della Parola si celebra all’inizio del tempo ordinario quando la Liturgia propone l’inizio della vita pubblica di Gesù con la sua predicazione. La coincidenza con la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani fa sottolineare a papa Francesco il primato della Parola di Dio nella vita cristiana. Lo scrive nella lettera apostolica Aperuit illis: “la Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in ascolto il cammino da perseguire per giungere ad una unità autentica e solida”. Dalla Parola di Dio infatti sgorga una forza di unità che unisce i credenti in un solo popolo. In questi giorni i cristiani delle diverse tradizioni si dissetano all’unica fonte della Parola di Dio, alfabeto della fraternità cristiana e principio di unità tra tutti. Ricordiamo bene le parole del santo patriarca Atenagora: “Chiese sorelle, popoli fratelli”.
Il Vangelo che ci è stato annunciato - si potrebbe dire - ci porta all’origine di questa festa della Parola: quando Gesù iniziò a proclamarla. Era un momento difficile vista la carcerazione del Battista da parte di Erode. La voce che gridava nel deserto, non risuonava più: la Parola di Dio era come incatenata. Il deserto era tornato deserto anche di speranza. Gesù non si rassegna al deserto: lascia Nazareth e inizia a comunicare il Vangelo partendo dalla Galilea, la regione più periferica, tra la gente più povera, esclusa ed anche disprezzata. E riparte dalle stesse parole del Battista che si legavano alla lunga tradizione profetica: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. La conversione inizia quando la Parola di Dio arriva al cuore e lo cambia. E spinge chi l’ha accolta a iniziare una nuova vita.
Care sorelle e cari fratelli, da quel giorno, nella “Galilea delle genti” sino ad oggi, la Parola di Dio ha continuato a comunicare la Buona notizia del Regno e a raccogliere attorno a Sé uomini e donne di ogni età e cultura. E ha fatto di tutto un popolo nuovo. In quel lontano giorno sulle rive del mare di Galilea furono due coppie di fratelli, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, ad accogliere l’invito. E la Parola di Dio – potremmo dire – diede subito i suoi primi frutti: essi – scrive l’evangelista - “subito, lasciate le reti, la barca, il padre e lo seguirono”.
Quell’antico incontro mostra il senso più profondo della Festa della Parola. Il Signore continua a parla anche a noi in questo tempo difficile: ci invita a seguirlo con una urgenza nuova, con una generosità più audace. C’è bisogno che la Parola di Dio percorra le strade dei cuori degli uomini e delle donne di questo nostro tempo. In tanti in questo tempo fattosi difficile attendono una parola di speranza e di consolazione. Sì, quell’antico invito: “vi farò pescatori di uomini” risuona anche oggi rivolto a tutti noi in questa Santa Liturgia, a tutti coloro che sono collegati. Abbandoniamo ogni sordità e ogni pigrizia. Come quei quattro anche noi lasciamo subito le nostre piccole reti, i nostri piccoli pensieri e lasciamoci coinvolgere dal sogno sempre grande di Gesù che ci porta al largo per gettare le reti nel vasto mare del mondo. La tempesta è particolarmente pericolosa. Ma come altre volte il Signore ci farà gustare la gioia di una pesca ancora una volta miracolosa.