Dalla preghiera e dalla Bibbia una cultura universale di amore per l’altro. Omelia di don Marco Gnavi nel Giorno della Memoria

27 gennaio, Giorno della memoria
Omelia di don Marco Gnavi alla preghiera a Santa Maria in Trastevere con la Comunità di Sant'Egidio

Salmo 102,1-12

Abbiamo cantato insieme nel salmo 88 la domanda bruciante di un uomo provato: fino a quando Signore continuerai a tenerti nascosto e arderà come fuoco la tua ira? Il tema di Dio che si nasconde allo sguardo degli uomini attraversa tutto il Salterio e  tutta l’esperienza, a volte molto dolorosa, del popolo di Israele. Anche il salmo 101 fa parlare un povero ferito nel corpo, minacciato dalla morte, che invoca e dice: “non nascondermi il tuo volto nel giorno della mia angoscia verso di me piega l’orecchio”.  E il tema del volto di Dio, “panim” in ebraico, svela la ricerca disperata del suo volto quando Dio sembra assente.
Oggi celebriamo la Giornata della Memoria, che ricorda la liberazione il 27 gennaio 1945, del campo di Auschwitz Birkenau, epifania assoluta del male nel corso della seconda guerra mondiale. E dobbiamo immaginare questi stessi salmi, per chi avesse avuto ancora la forza di pregare,  nel cuore di quelle migliaia, centinaia di migliaia, milioni di esseri umani, donne uomini vecchi e bambini, che non vedevano all’orizzonte il soccorso di Dio. E così questo salmo, l’ultimo che ho citato, mentre racconta la vicenda personale di un uomo provato dalla morte, si trasforma a un certo punto in una invocazione che è quasi una intimazione a Dio: è giunta l’ora! è giunta l’ora che tu mostri la tua pietà. E diviene una invocazione non solo per sé, ma per la città santa di Gerusalemme.
E noi non ci scostiamo da questo dubbio del salmista, dal dolore del popolo ebraico e da questa domanda che non può trovare altra risposta se non rimanere dentro quel dolore e cercare ancora Dio. Perché il campo di sterminio di Auschwitz, come dice la sua stessa definizione voleva nullificare il popolo ebraico. “Campo di sterminio” non rende nemmeno bene la traduzione tedesca: nullificare, rendere nulla. E insieme all’annientamento dell’intero popolo ebraico anche della stessa umanità: rendere nulla la pietà, la compassione, creare nemici. E l’odio esploso che ha divorato 6 milioni di vittime rimane come una pietra miliare dell’epifania del male, e, allo stesso tempo una domanda disperata su Dio e sulla ricerca di Dio.
Noi non ci siamo mai scostati, come Comunità di Sant’Egidio , insieme alla memoria della Chiesa e di tanta parte del mondo, da questo luogo epifanico anzi, abbiamo condotto ad Auschwitz Birkenau anche rappresentanti delle religioni mondiali, abbiamo implorato da lì la pace nel 1989 e poi vi siamo siamo tornati sempre con generazioni nuove di giovani europei perché non possiamo e non vogliamo dimenticare non solo la tragedia della shoah ma la domanda aperta.
Occorre continuare a invocare dai luoghi feriti dall’antisemitismo e da tutte le forme dell’odio, la prossimità di Dio.
Se siamo qui a celebrare la giornata della memoria ascoltando i salmi, è perché vogliamo che Dio abiti i nostri cuori: le prove della storia per molti non sono finite, anche se non hanno raggiunto l’orrore unico e speriamo irripetibile di questo olocausto. Perché Shoah significa questo: olocausto; bruciare nel fuoco del razzismo, dell’antisemitismo, del nazismo, del fascismo milioni di vite, bruciare l’umanità, la capacità di discernere ricostruire e custodire il futuro.
Il nascondimento del volto di Dio è parte profonda dell’esperienza di Israele.
Se pensiamo a Ester che si era trovata  - eroica paladina - del suo popolo di fronte alla minaccia dello sterminio del popolo ebraico, il nome di Ester porta in sé la radice “nascondere”.
E se gli ebrei ricordano Ester e Purim - la vittoria sui disegni di male che volevano lo sterminio - e perché in certo modo sentono, anche dove Dio ha nascosto il suo volto, che c’è una provvidenza misteriosa. Cioè Dio, anche lì dove il male sembra vincere, e sopraffare la vita del popolo, in modo misterioso agisce.
Questa fiducia ci deve confortare nella nostra amicizia fraterna e solida con la Comunità ebraica e ci deve incoraggiare sempre a fare della preghiera la prima risorsa.
Ricordo come il rabbino Broadman, internato in campo di concentramento, sia sopravvissuto raccontando della madre che, quando lui ragazzino piangeva disperato per i morsi della fame, gli faceva cantare i salmi.
Questo bambino, sopravvissuto alla Shoah, divenuto rabbino saggio e padre spirituale di molti ha trasmesso ai giovani la forza della preghiera. E dalla preghiera e dalla Bibbia sgorga anche una cultura universale di amore per l’altro a partire dall’incontro con l’Altro per eccellenza che è Dio stesso, anche quando sembra lontano dall’orizzonte.
Noi oggi celebriamo questa memoria dolorosissima sapendo che l’Altro si è fatto vicino e se siamo raccolti insieme è perché il Signore ci dona una vocazione e una missione perché l’odio non abbia potere più sui cuori, sulle menti, sulla cultura, perché sradicando l’antisemitismo si stacchino le radici del male che tanto possono in un mondo globalizzato come il nostro, dai pensieri e dai sentimenti dei popoli.
E se tutto oggi sembra confuso, se l’odio colpisce nemici immaginari, se gli uomini e le donne e città e i popoli hanno bisogno di ritrovarsi impauriti davanti a nemici inesistenti, noi siamo qui per essere insieme, perché convocati dall’amore di Dio. Chiediamo ancora come il salmista, “Mostra la tua pietà perché è giunta l’ora”, ma a questa preghiera rispondiamo pure con la nostra umile adesione di fede. Rispondiamo alla Parola che ci invita ad essere uomini e donne di pace, riflesso dell’amore universale di Dio che si è manifestato verso il suo popolo e verso ciascuno di noi.
Insieme alla Comunità ebraica, a tutti gli uomini di buona volontà, agli uomini e alle donne, ai credenti, rifiutiamo il male in nome di Dio che è solo bene, vita donata, coraggio dell’amore, tenacia, anche di fronte alle aggressioni offrendo noi stessi  e la nostra vita, per  essere uomini e donne di pace e il mondo si unisca secondo i disegni di Dio e sconfigga i disegni del male.