"I fratelli e le sorelle che ricordiamo oggi sono per noi un dono". Nel giorno di Tutti i Santi, la memoria dei malati amati e accompagnati dalla Comunità

Nessuno è dimenticato, in questo giorno che la Chiesa dedica alla memoria di Tutti i Santi: i nomi di chi ha affrontato la tribolazione della malattia, vengono pronunciati uno dopo l'altro nella liturgia di questa mattina nella basilica di Santa Maria in Trastevere. La luce delle candele, i fiori, l'immaginetta che riproduce l'icona del Buon Samaritano, insieme al ricordo dei nomi, sono i segni dell'unione tra cielo e terra che si realizza nella liturgia eucaristica.

Le letture della liturgia di Tutti i Santi:

Apocalisse 7,2-4; 9-14
Salmo 23
1°Giovanni 3,1-3
Matteo 5, 1-12

 

La predicazione di don Marco Gnavi
parroco della basilica di Santa Maria

Oggi siamo invitati a salire in alto, a volgere lo sguardo verso il cielo, non da soli, ma con Gesù e contemplare la folla che lui ha amato e che ha considerato suoi amici, parte della sua famiglia: ammalati, bisognosi di cure e guarigione, discepoli. Sono la sua famiglia, gli appartengono. Sono “suoi”. Fra di loro, quelli che sono passati attraverso la grande tribolazione, e sono stati esposti alla morte, a causa della fragilità del loro corpo e delle condizioni della loro vita, ma sono stati soccorsi da Dio.  

Riceveremo, al termine della S. Messa, il dono dell’immaginetta del Buon Samaritano. Anche noi siamo stati invitati a fare lo stesso: fermarci nella compassione, ascoltare il grido silenzioso, la richiesta di soccorso e di aiuto, e scegliere di lenire le ferite. Ci sono stati restituiti fratelli e sorelle di cui ci si è presi cura come nella locanda della parabola, in una famiglia più larga, accanto alle madri dolenti, ai padri, certi del ritorno del Signore che ci ha provveduto del necessario, per continuare ad amare, anche oltre la morte. Come avviene qui a Roma e in tanti altri luoghi del mondo dove vive la Comunità di Sant’Egidio. Risuoneranno insieme ai nomi dei nostri cari anche i nomi di tanti amici africani divenuti nostri parenti grazie al Vangelo. Sono infatti, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”.

Nella prova, anche i nostri amici malati, i nostri cari, hanno sentito la consolazione delle promesse di Dio: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati..” e  “Tutti  gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». Come sono splendidamente raffigurati nell’antico mosaico dell’abside.

Lottando insieme a loro, abbiamo sperimentato la forza e la beatitudine della mitezza, la forza e la beatitudine della misericordia, la povertà in spirito che ci aiuta a sperare nel Regno di Dio.

Papa Francesco, in Mozambico, nel centro Dream a Zimpeto, il 6 settembre, fra i malati, gli amici della comunità, i medici, ci ha ricordato che tutti costoro, insieme, in un unico grande miracolo, sono stati raggiunti da un amore creativo e tenace.  Con commozione ci ha ricordato E voi, qui, non siete passati a distanza, non avete proseguito per la vostra strada come avevano fatto altri (il levita e il sacerdote della parabola del Buon Samaritano). Questo Centro ci mostra che c'è stato chi si è fermato e ha sentito compassione, chi non ha ceduto alla tentazione di dire “non c’è niente da fare”. Zimpeto è “manifestazione dell’amore di Dio, sempre pronto a soffiare vita e speranza dove abbondano la morte e la sofferenza”.

Tutti siamo chiamati a dare alla luce la speranza. A generare speranza. Qui a Roma e ovunque. Ce lo chiede la moltitudine dei santi in cielo, dei nostri amici e dei nostri cari: “Lottate, pregate con noi”.

Anche questa santa Liturgia è manifestazione dell’amore di Dio, sempre pronto a soffiare vita e speranza dove abbondano la morte e la sofferenza.

La nostra presenza nelle pieghe della vita della città, delle famiglie, accanto a chi non ha famiglia, è manifestazione dell’amore di Dio, sempre pronto a soffiare vita e speranza dove abbondano la morte e la sofferenza. Questo deve riempirci di gioia: Prima di lasciare il centro Dream, papa Francesco ha detto qualcosa che è un invito anche per noi: “quando voi ritornerete ai compiti quotidiani, quando nessuno vi applaudirà né loderà, continuate ad accogliere quelli che vengono, andate a cercare i feriti e gli sconfitti nelle periferie”

I fratelli e le sorelle i cui nomi ricorderemo oggi, illuminati dalla luce delle candele, segno di resurrezione, sono stati per noi un dono.  La loro testimonianza ci ha riempito il cuore di gratitudine e di stupore. Hanno spesso mostrato una parte di sé, riaccesa dall’amore e dalla sofferenza, che ci ha sorpreso. Dio ha fatto brillare nei loro volti la dignità che la malattia avrebbe voluto umiliare.  

Ancora, ricordiamo le parole di papa Francesco: “Non dimentichiamo che i loro nomi, scritti nel cielo, hanno accanto un’iscrizione: questi sono i benedetti del Padre mio. Rinnovate gli sforzi, perché qui si possa continuare a “dare alla luce” la speranza”.

Si, rinnoviamo gli sforzi, in una sola battaglia, per contrastare la morte con le cure, l’amore e la preghiera. Con tutti i santi, con i nostri cari defunti. Amen