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28 Dicembre 2009

"ERA DAVVERO FELICE DI STARE CON NOI PARLAVA AD AMICI"

Testimonianza

 
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La gioia del disabile che ha pranzato a fianco dei Pontefice «E' stato il giorno più bello della  mia vita».

Aniello Bosco, ventenne disabile in carrozzella dalla nascita, è uno degli undici commensali di Benedetto XVI alla mensa dei poveri di via Dandolo, a Trastevere, gestita dalla Comunità di Sant'Egidio.

«Mentre pranzavamo il Papa mi ha detto che era felice di stare con noi, parlava come se ci conoscesse tutti e c'era un clima di allegria. Sembravamo una tavolata di amici», spiega. Tra poveri, clochard, rom, rifugiati, il Papa gli ha confidato di «sentirsi a casa sua» e adesso Aniello è un fiume in piena mentre riavvolge il nastro della sua «giornata particolare». Quasi non sembra capacitarsene mentre ripercorre mentalmente il film della visita, poi scoppia in un'esclamazione di meraviglia: «Incredibile! Pensavo che i papi fossero persone distanti, inavvicinabili, invece Benedetto XVI si è messo subito in completa sintonia con noi. Non ci credevo ma lo sentivamo amico, vicino, partecipe, disponibile al confronto».

Il ritratto che traccia Aniello di Joseph Ratzinger è quello di un «uomo gentile, mite, sereno», «una persona particolarmente sensibile e rispettosa». Insomma, «uno di noi, sempre alla mano». Infatti, «ti guarda dritto negli occhi, sa ascoltarti e dirti parole che toccano il cuore». Allo stupore si aggiunge la commozione. Aniello si è commosso soprattutto quando il Pontefice ha promesso che la Chiesa resterà sempre dalla parte degli ultimi e che «sarà sempre con noi, accanto a noi». Un momento «davvero emozionante», «un'atmosfera familiare», «una festa di amici» per Aniello, ma anche «un momento storico, la prima visita di un Papa in mezzo a noi».

Al termine del pranzo a ringraziare Benedetto XVI per la «bellissima giornata» è stato proprio Aniello che alla Comunità di Sant'Egidio è di casa da quando è nato. «Da piccolo sono stato a lungo ricoverato in ospedale, poi sono andato ad abitare alla periferia di Roma, a Tor Bella Monaca ed è lì che ho conosciuto la prima scuola popolare e con i ragazzi di Sant'Egidio è sbocciata una profonda amicizia. Per me è stata una salvezza», rievoca Aniello. «Sono diventati loro la mia famiglia e rivederli tutti qui con il Papa è una gioia indescrivibile - sottolinea Aniello -. Chi ha problemi e difficoltà li affronta con successo soltanto nella vita in comunità. E' l'unico luogo dove vivere una felicità quotidiana».

Insomma, «una risposta alla solitudine, un modo per aiutarsi, starsi vicini, dare coraggio gli uni agli altri».

Al Papa Aniello ha descritto la sua esperienza di dolore e speranza, disagi e condivisione: «A Sant'Egidio ho trovato un sostegno costante ai miei disagi. Alloggio in una casa della comunità e qui ho conosciuto il calore di una famiglia».

La mattina, sottolinea Aniello, «frequento il centro Agorà per disabili e il pomeriggio resto a casa ma non sono mai solo e non mi annoio mai perché facciamo tante attività». Insieme agli altri ospiti della casa-famiglia «viviamo momenti sereni e comprendiamo cosa significa aiutarsi a vicenda». Al desco dei poveri, il Papa «ha ascoltato più che parlato», osserva Aniello che ne ha apprezzato anche «la sosta davanti al presepe e al monumento dedicato a Modesta Valenti», la donna senza dimora morta alla stazione Termini di Roma e diventata simbolo dei senzatetto.

«Mi sono sentito avvolto da un'ondata di affetto e di attenzione - afferma -. Lo sguardo del Papa ti legge dentro, capisci davvero cosa significa la sua vicinanza, il suo sentirsi padre di tutti, a partire da chi ne ha più bisogno. Non dimenticherò mai le sue parole, la partecipazione con cui ha condiviso ogni momento della nostra vita comunitaria». Benedetto XVI, cioè, «Papa di tutti e di ciascuno» perché la «solidarietà e la carità cominciano anche da una carezza».

[GIA. GAL.]


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