Andrea Riccardi: "Pagare per la cittadinanza europea questa è la peggior globalizzazione"

Intervista
È il segno della decadenza europea, la dimostrazione che in alcune società vige ormai una legge: tutto si può vendere, tutto si può comprare. L'Europa legiferi su questo tema prima che sia troppo tardi

"E' la fine del diritto, il risultato della peggiore globalizzazione". Di fronte alla compravendita delle cittadinanza europea, rivelata dall'inchiesta pubblicata ieri dalla Stampa, lo storico Andrea Riccardi fa appello alla «autocoscienza dell'Europa». Per l'ex ministro della Cooperazione internazionale e dell'integrazione l'Ue «rischia di diventare un paradiso fiscale in cui entra chi può pagare». E per il fondatore della comunità di Sant'Egidio, «serve subito una legislazione europea».
A Malta e in altri 11 stati basta pagare per diventare cittadino europeo. Cosa dovrà fare adesso l'Ue per impedirlo?
«E' un fatto gravissimo che deve spingerci a ripensare il ruolo dell'Europa nei confronti del mondo. Ci sono storie tra loro molto diverse che hanno portato gli stati all'adesione all'Unione europea. I piccoli stati hanno una marcata fragilità. Per le loro ridotte dimensioni nell'impatto con il mondo globalizzato non riescono ad avere rapporti all'altezza. E' qui che deve intervenire l'Europa. Servono ruolo dell'Ue e legislazione europea prima che sia troppo tardi».
Non è solo un problema di piccole nazioni, però...
«Certamente no. Anche gli stati più grandi hanno bisogno dell'Ue altrimenti, al confronto con i colossi asiatici e al denaro, diventano delle piazze facilmente espugnabili e perdono la loro identità. Un paese che mette in vendita la propria cittadinanza smarrisce non solo la sua sovranità ma anche l'identità e l'anima nazionale. E ciò è davvero pericoloso».
Quali possono essere le conseguenze nel lungo periodo?
«Nessuno stato è solo un fatto economico. Se si riduce l'accesso alla cittadinanza a una questione di prezzo, ci si riduce a una porto franco in cui il denaro sporco degli affari di ogni tipo si intreccia anche ai traffici leciti. E i danni non sono solo per il singolo stato membro ma per l'intera Europa. A maggior ragione una costruzione volontaristica come l'Ue ha bisogno di radici e di identità. Questo commercio della cittadinanza è il segno della decadenza del vecchio continente. Segnale di sfaldamento senza precedenti».
Cosa dimostra il commercio dei documenti per circolare liberamente in Europa?
«Oltreché il segno della decadenza europea, è la dimostrazione che in alcune società vige orma una legge: tutto si può vendere, tutto si può comprare. E' una mentalità che si sta diffondendo per effetto della peggiore globalizzazione».
Ciò aumenta il rischio-sicurezza mentre l'Isis cerca di spostare in Europa lo scontro?
«Sì. Questa compravendita di passaporti crea una situazione di incertezza e quindi rende l'Ue meno sicura. A mettere in discussione cosa vuol dire essere cittadini è un commercio immorale che prolifera mentre l'Europa ignora la questione fondamentale della cittadinanza ai figli degli immigrati».
I soldi al posto dei requisiti?
«Così ne viene svilito il senso. La cittadinanza non deve essere in vendita, si ottiene perché vengono riconosciute qualità di appartenenza. Un' Europa che dice no ai figli degli immigrati e poi tollera l'acquisto dei passaporti va ridisegnata dalla base. Vergogna mai accaduta prima. I plutocrati compravano la cittadinanza in paesi poco seri, mentre in Europa la cittadinanza è sempre stata legata all'appartenenza: le nazioni che vendevano i passaporti erano quelle nel caos. È celebre il caso dei passaporti somali. Il vertice di Ventotene è un tentativo di giro di boa. Questa compravendita deve essere una delle spinte a ripensare l'Ue: dimostra che c'è bisogno di un' Europa vera e non di una Europa solo formale fatta di bolli e pezzi di carta in vendita come in Somalia».


[ Giacomo Galeazzi ]